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Il segno del comando (dall'omonimo romanzo di Giuseppe d'Agata, capolavoro della letteratura esoterica contemporanea dal quale, negli anni '70, fu tratto uno sceneggiato televisivo) nasce dal sodalizio tra Mercy, carismatico leader dei ben conosciuti Malombra, e Diego Banchero, compositore, contrabbassista e bassista elettrico di estrazione jazzistica, a suo tempo anch'egli membro fondatore dei Malombra, entrambi accomunati da una profonda devozione nei confronti di alcune formazioni dark-progressive italiche dei 70s. La formazione viene successivamente completata con l'inserimento di alcuni session-men dell'area genovese, fra cui il preparatissimo Carlo Opisso ed il chitarrista degli stessi Malombra, il frippiano Matteo Ricci. Sulla base di simili presupposti non poteva che scaturire un disco d'esordio di statura ragguardevole. "Il segno del comando" è dunque un deferente e soprattutto credibile omaggio al progressivo italico a tinte oscure dei 70s, capace di rievocare nelle menti degli ascoltatori le atmosfere piene di tensione di dischi-capolavoro quali "Suspiria" o "Zora", con musicisti qui catturati allo zenit della loro parabola artistica e tecnica. Il basso egemone di Diego Banchero, direttamente reminiscente dello stile del grandissimo Fabio Pignatelli (insieme a Stefano d'Urso del Rovescio della Medaglia probabilmente il miglior bassista italiano dell'epoca), la voce teatrale di Mercy, qui più ispirato -complice forse l'adozione della lingua madre- che nelle due precedenti incisioni coi Malombra, le tastiere d'annata di Agostino Tavella, contribuiscono alla creazione di autentiche chicche per estimatori ("La taverna dell'angelo", "Ghost lovers in Villa Piuma" e la stessa, omonima title-track fra le altre), patrimonio di un disco che farà sicuramente la felicità di molti, inguaribili nostalgici di quell'epoca aurea del nostro rock progressive.
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