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THE BLUE SHIP The executioner’s lover AltrOck 2014 UK

Una bella gatta da pelare dover fare la recensione di questo "The Executioner's Lover" dei "The Blue Ships", band scozzese capitanata dal cantante e polistrumentista Paul Napier. Come iniziare... sicuramente tra le mani abbiamo una proposta musicale alquanto inusuale. Particolare anche la formazione in cui, oltre alla voce, le tastiere e le chitarre in carico a Paul Napier, troviamo la fisarmonica di Ross Fleming, il basso di Simon Cottrel, la batteria e le percussioni di Roy Shearer e i due violini di Aaron McGregor e Daniel Paterson. A questi si aggiunge qua e là un piccolo ensemble di archi e fiati.
Tuttavia per poter descrivere l’album è necessaria un’altra considerazione, ovvero che tutte le considerazioni fatte sul primo dei due cd che compongono l'album non valgono per il secondo.
Iniziamo quindi dal primo.
Lo si potrebbe definire un musical RIO, fortemente melodrammatico con arrangiamenti orchestrali e quasi completamente acustico. Ad un primo ascolto la nostra attenzione è monopolizzata quasi interamente dalla voce di Napier, invadente, istrionica, teatrale e volutamente sopra le righe che sembra soffocare tutto il resto. Voce tecnicamente ineccepibile e dalla varietà cromatica innegabile, ma è certamente lo scoglio più grosso per poter apprezzare completamente l’album. O piace subito oppure, come è successo a me, va lentamente digerito, ascolto dopo ascolto, senza però riuscire a rimuovere del tutto un certo senso di pesantezza.
Ad ogni modo, se andiamo oltre la prepotenza e l’invadenza delle parti cantate, scopriamo un mondo musicale estremamente complesso. La musica è orchestrata in maniera classica, con i vari strumenti che si muovono d’insieme senza mai sopraffarsi. I violini, e più in generale gli archi, amplificano e sottolineano i vari umori della voce, ora aggressivi e spigolosi, ora dolci e ruffiani. La fisarmonica dà invece quel gusto di folk mitteleuropeo che rende il tutto più accattivante. La musica procede per contrasti, dolce-aspro, melodico-dissonante, e non sempre al dolce corrisponde il melodico e all’aspro il dissonante. Colpisce infatti come la band riesca ad utilizzare anche le soluzioni più d’avanguardia per creare armonie seducenti. Alla fine, seppur faticando un po’, non si può non apprezzare questo primo album.
Passiamo quindi al secondo cd o meglio un EP di 20 minuti che sarebbe il caso di considerare come un piccolo regalino extra fornitoci dal gruppo. Questa considerazione è necessaria per potergli dare il giusto peso. Specificato ciò, possiamo dire che non si tratta più di musica rock, come nel caso del primo cd, seppur con tutte le particolarità del caso, ma ci troviamo in piena musica classica o musica da camera, per essere più precisi. Sparisce la batteria, la voce e l’elettricità e i violini la fanno da padrone. Qui la musica si fa più convenzionale e meno ardita e spesso da la sensazione di essere un mero esercizio di stile per mettere in mostra la loro formazione classica.
Nel complesso poco aggiunge all’album e forse ne appesantisce un po’ la proposta che già con la prima parte non era delle più facilmente assimilabili.
“The Executioner’s Lover” infatti può essere accomunato ad uno di quei bei piatti elaborati ed estremamente saporiti, che preso in piccole quantità dà molta soddisfazione, ma se mangiato troppo rischia di stuccare un po’. Tuttavia ad avercene di dischi del genere: brillanti, che hanno il coraggio di osare e di essere sfacciati senza paura di poter sbagliare.


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Francesco Inglima

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