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RENAUD LOUIS-SERVAIS GROUP Epic circus autoprod. 2015 FRA

Non inganni più di tanto la presenza della dicitura “Group” in copertina. Questo bel disco strumentale è frutto del talento di Renaud Louis- Servais, che con la sua chitarra accentratrice si mette bene in mostra in nove composizioni di buonissima fattura. Il musicista transalpino sembra optare per il suo gruppo su una formazione un po’ aperta, visto che di brano in brano si alternano i batteristi Virgil Donati (di sicuro il nome più “pesante” tra quelli presenti, visti i suoi trascorsi eccellenti con gente del calibro di Allan Holdsworth, Steve Vai, Scott Henderson e Derek Sherinian, tanto per citarne alcuni) e Aurel Ouzoulias e i tastieristi Christophe Cravero e Philippe Saisse, mentre l’unica presenza fissa è rappresentata dal bassista Henri Dorina. Dopo l’esordio del 2011 “Iluna”, la seconda fatica discografica di Louis-Servais si intitola “Epic circus” e vede la luce nel 2015. Si tratta di un album fortemente indirizzato verso un jazz-rock progressivo in cui si prova a far sposare tecnica e feeling. Si può affermare che l’intento è riuscito abbastanza bene; la preparazione dei musicisti e di altissimo livello, ma riescono ad evitare di tuffarsi in quella fusion autoindulgente e fredda che lascia poco spazio alle emozioni. Merito della capacità di costruire brani snelli e agili, che sembrano volare in un attimo mescolando bene influenze di varia natura e spaziando da maestri della sei corde come Jeff Beck, Pat Metheny, Joe Satriani, Steve Vai, Al Di Meola ai grandi padri del jazz-rock Miles Davis e Weather Report. Nonostante Renaud sia accompagnato da musicisti di enormi capacità, la chitarra finisce con l’essere protagonista assoluta e le attenzioni finiscono sempre rivolte alle sequenze di note che derivano dal suo utilizzo. Tutto ciò è maggiormente evidente in quelle cavalcate elettriche come “Carry’n”, “Epic circus”, “Techno city” e “When you’ve got nothing”, dove una certa robustezza fa avvicinare il mondo di Satriani e Vai al jazz e al prog. Sono questi un po’ i brani guida dell’album, quelli che danno un forte senso di compattezza alla musica proposta, ma interessanti intuizioni si avvertono anche quando ci si indirizza verso sentieri molto più vicini alla fusion tradizionale, come avviene quando si punta su pezzi articolati in cui timbri elettrici ed acustici si muovono insieme legati comunque a certe soluzioni care a Pat Metheny e capaci poi di diventare duri in alcuni frangenti (“Freedom”), su echi di Jeff Beck (“Zaku patatu” e “All minor blues”), su reminiscenze del jazz elettrico dei seventies (“Long breath”) e sul bel finale “The beauty of life”, delicatissimo tassello per sola chitarra acustica. Registrato in diversi momenti tra Francia, Stati Uniti ed Australia, “Epic circus” vede un altro dei punti di forza nel suono pulito e brillante (merito dell’ottimo lavoro di mixaggio di Steve Prestage, Christophe Sarlin e Peter “Reggie” Bowman) ed è fondamentalmente destinato a chi si lascia trasportare dal jazz-rock e dai grandi chitarristi.



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Peppe Di Spirito

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RENAUD LOUIS-SERVAIS GROUP Iluna 2011 

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