Home
 
METHODICA The silence of wisdom Vrec 2015 ITA

Tornano i veneti Methodica con il loro secondo full-length, dopo un esordio nel 2009 frutto di lunga gestazione e l’EP “Light my fire” del 2012. Trattasi di prog-metal che al momento va per la maggiore, con un impatto molto duro, introverso e tendente alle sensazioni “grigie” della vita. “Il silenzio della saggezza” riportato nel titolo viene ben espresso dall’immagine di copertina, con un vecchio e grande albero privo di foglie (pare che ciascun ramo sia collegato ai brani contenuti nell’album), il cui sfondo è costituito da delle tanto imponenti quanto impenetrabili cupe nubi.
Opening act per i Dream Theater nella data italiana al Pistoia Blues (che col blues ovviamente non ci azzeccano il resto di niente, ma così va il mondo e anche la vita), la musica proposta sa molto di Porcupine Tree più duri e alternative, ma anche di Tool, avendo però la sana intelligenza di non essere emuli né degli uni e né degli altri. Influenze che si sentono su “The Angel Lies Dying”, il seguito della breve e cinematografica “Ukiyo-E Intro”; suoni tecnologici, rigorosamente post (oramai è così…), con un incedere epico particolare che nella prima parte potrebbe persino ricordare i vecchi U2, soprattutto per l’approccio vocale di Massimo Piubelli, una delle note migliori dei veronesi. Buoni anche gli inserimenti del tastierista Marco Baschera, così come appare in questo contesto originale il growl dell’ospite Marta Cicogna. Molto “atletica” la seguente “J”, pur mantenendo una forte orecchiabilità, mentre “Only Blue” è un lento da crepuscolo malinconico, con un finale molto intenso narrato dalla chitarra di Marco Ciscato (sempre che non si tratti dell’ospite Gianluigi Scamperle, che dal promo non è dato sapere in quali pezzi suoni), terminando con un classico stacco ad effetto che sa tanto di studiato “sguardo rimasto appeso al cielo” di esistenziale memoria.
Probabilmente i tredici lunghi minuti di “Caged” sono i migliori di tutto il lavoro; pezzo diviso in quattro parti che sarebbero anche potute essere sviluppate ognuno per conto proprio, la cui apertura deve molto ai classici del passato che facevano ampio uso di tastieroni ed organo. Cantato molto acuto e sapiente, con Marco Piccoli (batteria) e Paolo Iemmi (basso) a fare gli straordinari, oltre ad un bell’assolo alle sei corde ed il finale misterioso suonato dai tasti d’avorio che vanno sfumando. Sinfonica ed intricata “The Lord Of Empty Spaces”, con una forte dose di orchestrazioni soprattutto nella parte conclusiva, lungo dieci minuti forse eccessivi, seguiti da “Destruction Of Idols”, che può essere trovata online con tanto di video. Anche questa molto dura e dall’incedere volutamente caotico, il cui contraltare è la strumentale “Ukiyo-E”, che riprende il tema iniziale e mette in luce finalmente delle esecuzioni soliste di spessore, limpide, dal grande valore emotivo, ricordando a tratti i ‘Theater nella fase dei controtempi.
Ci sarebbe anche una bonus track, che si dimostra tra le cose più riuscite… Ah, ma si tratta di una cover di “Firth Of Fifth” dei Genesis…! L’intro di pianoforte (come del resto tutto il brano, così almeno sostiene qualcuno) mutuato da Rachmaninov e basato su sequenze matematiche complesse è stata eliminata del tutto, dando vita ad un pezzo totalmente diverso. La riproposizione appare perfettamente inserita nelle atmosfere “grigio-violacee” dell’album, spogliata dalla sua aria fatata originaria e rivestita con una pesante cappa da tempi moderni. Niente assolo di flauto, ma bella chitarra e sintetizzatore in evidenza, magari esaltando quel mood Kingcrimsoniano insito alla composizione che faceva storcere la bocca a Tony Banks, cioè il suo stesso ideatore. I puristi grideranno alla blasfemia, resta il fatto che il tutto risulta suonato bene e chi riesce a cimentarsi nella riproposizione di una struttura simile denota sicuramente delle capacità strumentali non da poco.
Conclusione: di album simili in giro per l’Europa ce ne sono tanti, non date retta a chi parla di chissà quale lavoro sconvolgente. Resta però il dato oggettivo che questo prodotto risulta migliore di tanti altri, quindi, se volete comprare qualcosa inerente al genere, non si capisce perché non dobbiate dare una certa priorità ai Methodica. Del resto, se non foste interessati, il problema nemmeno ve lo porreste. Di certo, qui non c’è prog-rock inteso nel senso classico del termine. Però vi sono musicisti metal che il prog se lo sono ascoltati piuttosto bene. Questo a scanso di equivoci, da qualsiasi parte penda il vostro gusto musicale.



Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Collegamenti ad altre recensioni

METHODICA Light my fire (EP) 2012 

Italian
English