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ELLEVEN Transfiction Progressive Promotion Records 2015 GER

L’attiva Progressive Promotion Records è un punto di riferimento importante per il new prog (tedesco in particolare) con costanti e puntuali pubblicazioni. E’ ora la volta del secondo album degli “Elleven” dal titolo “Transfiction”). Nati nel 2001 per iniziativa del batterista Herry Rubarth con l’intento di coniugare le istanze progressive con quelle più vicine al pop, esordirono nel 2007 con “Insight” e solo ora riescono a dare un “fratellino” a quel lavoro. “Transfiction” è diviso in 8 tracce per circa 60 minuti di durata. Le melodie ariose ci accompagnano per tutta la sua lunghezza e talvolta vanno a sfiorare un pop più leggero (come da manifesto programmatico), ma senza mai esagerare. Questo perché i brani sono piuttosto lunghi (uno solo inferiore ai 5 minuti, gli altri tutti intorno ai 7, con una punta di 11 minuti) e permettono alla band di sviluppare anche trame composite certamente più appetibili per il (new?) prog fan.
“Try” è la prima traccia e le luminose tastiere balzano subito in primo piano a supportare la brava vocalist Julia Graff a scandire un refrain di facile presa. Valore importante nell’economia del gruppo anche la chitarra “gilmouriana” di Carsten Hütter, costante e discreta presenza. Molto bella “Not the one”, caratterizzata dai continui interventi solistici delle tastiere e dagli arpeggi acustici della chitarra. Un brano nel pieno della tradizione new prog ma certamente ispirato. “Sakura tree”, meritoriamente dedicata alla popolazione di Fukushima duramente colpita nel marzo 2011, si apre con profumi etnici ed un piano struggente che ben si accompagna alla soffusa voce della Graff che perfettamente interpreta il malinconico brano dal finale pirotecnico. L’originalità non è certamente la qualità principale degli Elleven, ma il buon gusto che affiora in ogni traccia è un dato che è bene porre in evidenza.
Forse il gusto del fan italiano è diretto verso altre sonorità, magari più complesse, ma crediamo che “Transfiction” possa fare la sua bella figura in paesi come Inghilterra, Germania, Olanda che nei confronti del progressive melodico non hanno troppi pregiudizi. Tornando all’album, non male la briosa “Anyway”, con squarci di tastiere (Armin Riemer) e rifiniture di chitarra. Ricetta semplice, ma efficace e tanto basta. La chitarra “gilmouriana” domina ancora il proscenio in “Blurry road”, mentre il brano più lungo dell’album, “Dust and light” (poco più di 11 minuti), è anche quello che si discosta maggiormente da quanto sin qui ascoltato. Viene privilegiata la composizione nel suo insieme, piuttosto che gli “gli sfizi” solistici delle tastiere e della chitarra (comunque ben presenti…) ed il risultato è appagante seppur meno sfavillante di altri brani. La storia del (new) prog è già stata scritta da tempo, gli Elleven ci chiedono solo di aggiungere una piccolissima postilla alla voce “Transfiction”: ”disco piacevole, ben suonato, dategli una possibilità”. Eccoli accontentati con piacere.



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Valentino Butti

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