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SUOMEN TULLI Kukkola Rocket Records 2016 FIN

Qualche annetto è passato dal boom degli anni Novanta che ha visto proliferare e spopolare una nutrita schiera di gruppi nordici e direi che da allora siamo cresciuti abbastanza, in modo per lo meno sufficiente a non lasciarci incantare da qualche vago riferimento folk e da affascinanti sonorità vintage. Se ai bei tempi potevano bastare i Sinkadus del caso a farci gridare al miracolo, al giorno d'oggi siamo tutti molto più cauti negli entusiasmi e nei giudizi, per fortuna, aggiungerei io. Stesso discorso vale per questi Suomen Tulli, autori di un disco come “Kolme kevättä”, il secondo album in studio uscito nel 2013, carino e in cui intravedevo buone potenzialità, e tornati con questo nuovo “Kukkola” che non vede però concretizzarsi le mie aspettative. Gocce di psichedelia e sinfonicità, un approccio rustico e spontaneo, sonorità retrò e qualche colorazione folk sono un buon presupposto ma per quanto l'idea possa apparire allettante bisogna però guardare oltre.
I cinquanta minuti di questo album, suddivisi in ben dieci tracce, ci riportano alla Finlandia di inizio anni Settanta con richiami a Tasavallan Presidentti nei momenti più sinfonici (come può avvenire ad esempio per la movimentata "Pakoon arjen ahtaudesta"), ma anche ai Tabula Rasa. Vi sono poi bei momenti di psichedelia, dai riflessi anni Sessanta, con i suoni sfumati e riverberanti dell'organo, ammiccamenti poppish, sulla scia del simpatico album precedente, elementi cantautoriali (molto carina in questo senso è la traccia di apertura, "Puut Vain Hymähtävät Hiljaa"), folk ma anche hard blues con tanto di chitarra slide all'occorrenza. A fronte di una struttura musicale il più delle volte piuttosto immediata, il cantato appare spesso fin troppo pletorico e a farne le spese sono proprio i momenti strumentali ovviamente che non decollano e non appassionano come potrebbero. Prendete ad esempio "Talolla", il brano più lungo dell'opera, con i suoi otto minuti circa di durata: il sound è abbastanza hard con chitarre ben presenti ma nonostante l'energia sprigionata dalla musica il cantato sembra non lasciare spiragli e per lunghi tratti non concede respiro, se non nella fase finale. Esso appare inoltre piuttosto monotono sia come interpretazione che come intonazione con un effetto finale addirittura assonnante.
Nonostante l'interpretazione assolutamente non perfetta, con una notevole difficoltà soprattutto nel raggiungere le note alte, non nascondo che, con tutti i suoi difetti, la voce di quello che è poi il tastierista, Sessu Ketola, mi appare, nonostante tutto, abbastanza piacevole, specialmente nei momenti più rilassati. Se proprio non è possibile rinunciarci, si potrebbe per lo meno limitare i suoi interventi e dare più spazio alla musica. I suoni in generale sono piuttosto impastati, spenti e sfumati tanto che le melodie a volte si staccano male dallo sfondo con un effetto finale abbastanza confuso. A vedere bene i disegni melodici sono tutt'altro che elaborati e questa loro scarsa definizione rende l'album piuttosto piatto nel suo complesso e privo di picchi emotivi.
I momenti più interessanti sono racchiusi nella prima parte del disco e forse anche per la sua monotonia si raggiunge presto un senso generale di stanchezza. Rispetto al passato si ricorre meno all'aiuto di ospiti con un parco strumenti più ristretto che, al massimo può beneficiare del sax baritono di Pekka Tuomi (usato comunque con incredibile parsimonia) e del sax tenore di Matti Salo nella sola "Aalto & Törmä". Fra i brani che desidero segnalare inserirei invece "Sade On Puhunut Kauan", insolitamente meditativa e cupa e con parti corali suggestive contrappuntate da un piano elegante. A parte qualche piccola scossa e uno stile che in generale può avere le sue attrattive, giudico questa fatica nel complesso deludente: mi sarei aspettata senza dubbio di più ma non è detto che il futuro non ci riservi gradite sorprese quindi non disperiamo.



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Jessica Attene

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