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THE LIGHT YEAR Steps to life autoprod. 2016 GEO

I georgiani Sinatlis Tselitsadi, rinominatisi The Light Year per risultare più internazionali, si sono formati nel 2004 sotto la guida di Gigi Gegelashvili (voce, tastiere, flauto e chitarra acustica) e giungono oggi al loro quarto album, due dei quali registrati dal vivo (mi incuriosisce quello pubblicato nel 2010 e intitolato “Rock Cantata”, in cui viene il gruppo viene affiancato da un coro e dalla Modern Orchestra di Tbilisi… vedrò di approfondire, un giorno), con numerosi cambi di formazione tra una release e l’altra.
La musica della band è rock sinfonico, fortemente contaminata dalla musica classica, con forti accenti hard/pomp rock, non disdegnando qua e là momenti più pop. Così su due piedi il paragone più a portata di mano che mi viene di fare è quello con i Magni Animi Viri. Benché autoprodotto e registrato in proprio, l’album è realizzato in modo abbastanza professionale, con suoni dinamici che rendono giustizia al tipo di musica proposta e alle orchestrazioni brillanti che contraddistinguono le 12 composizioni. Non traspare più molto delle influenze georgiane all’interno della musica che possiamo qui ascoltare; le liriche sono in inglese e l’album potrebbe essere benissimo l’opera di una band anglofona.
La proposta musicale è talvolta bombastica e tronfia nei toni ma bisogna dare atto che non si arriva mai a sovraccaricare l’orecchio dell’ascoltatore, alternando spesso gli umori delle canzoni che si succedono l’un l’altra, non disdegnando soluzioni più eclettiche, dai connotati lirici e melodici ma non disdegnando anche escursioni in territori più ricercati, specialmente nella seconda parte dell’album.
Ad un avvio di CD decisamente potente e martellante (“Tornado pt. 1 - Entry”), non scevro di echi alla Savatage o Rhapsody, viene quindi contrapposto un brano come “Steps to Life”, che inizia in punta di piedi, con la voce recitante che viene raggiunta dopo un po’ dal pianoforte e via via dagli altri strumenti, per dar poi vita a un brano di rock melodico ed AOR, con assoli funambolici e toni volutamente eccessivi. “Tornado pt. 2” continua su elevate altitudini ritmiche, con un alternarsi di chitarre e tastiere a menare le danze, cori apocalittici e quant’altro serve per mantenere alta la tensione. Piccolo momento di pausa (“Steps Reprise”) ed inizia “Side”, con tipiche atmosfere melodiche, tra l’AOR ed il pop più sdolcinato, con ritornelli orecchiabili e ragazzine urlanti (beh… queste ultime solo nella mia immaginazione). “Dark Times” si presenta invece con un sound più oscuro e un cantato filtrato; il brano presenta un’andatura volutamente zoppicante, con numerosi break e tonalità drammatiche. “Damskerland” è un breve pezzo dai toni eterei in cui un cantato alla Greg Lake viene accompagnato quasi solamente dal violino.
Con “Love Without Love” inizia la seconda parte dell’album; il brano è un lungo crescendo di 11 minuti, con un salterio che aggiunge sapori caucasici a un bel pezzo con bei momenti Prog, con un flauto che si insinua tra atmosfere brumose e vocalizzi mistici che hanno un sentore quasi magico. “Digital Dream” ha invece i connotati di un brano fusion, anch’esso in crescendo costante, con un cantato a più voci alla Gentle Giant. ”My Lord” è il pezzo più lungo, coi suoi 15 minuti scarsi, ed inizia praticamente dove si è chiuso il brano precedente, concludendone ed espandendone il crescendo in una canzone dai toni tronfi ed altisonanti, con un cantato enfatico; viene quasi da pensare ai Queen di “Innuendo”… fino al brusco stop in cui un delicato pianoforte viene lasciato da solo a re-iniziare praticamente un nuovo brano con l’ausilio della chitarra acustica e un cantato su toni molto più soffusi… per un nuovo lungo crescendo emozionale, fino all’esplosione pirotecnica dell’ultima parte in cui si ritorna ai toni tronfi dell’avvio. “Sky Way” conclude in pratica l’album in maniera molto riflessiva e tranquilla, con un delicato piano, morbidi inserti di chitarra e un cantato quasi parlato, per una classica ballad romantica da accendino.
“Steps to Life” ha diversi connotati musicali tipici delle rock opere, ma si tratta solo di un concept album sul tema del significato della vita. Non c’è orchestra in quest’album, anche se gli arrangiamenti a volte sono ricchi e pieni, alternando però situazioni musicali più intimistiche e liriche. Molti potrebbero trovare vari momenti di questa musica goffi e pletorici, magari più adatti a un musical che a un album rock, ma posso dirvi che il disco contiene ottimi momenti Prog sinfonici che si incastrano ottimamente con soluzioni più fruibili; come risultato abbiamo un album divertente e godibile, il cui ascolto non ci esimiamo dal consigliare.



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Alberto Nucci

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