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NATHAN Nebulosa AMS Records 2016 ITA

Band savonese arrivata dopo tanti anni di carriera al debutto, i Nathan sono stati impegnati nell’esecuzione di tributi vari, dedicati soprattutto ai Genesis, al Peter Gabriel solista, ai Pink Floyd e ai Supertramp. Senza dimenticare, poi, la collaborazione live con Richard Sinclair (Caravan, Hatfield and the North), cioè uno dei personaggi di spicco della scena di Canterbury. L’intento di pubblicare qualcosa di proprio non è mai venuto meno, riprendendo così quei temi musicali che il cantante e bassista Bruno Lugaro aveva cominciato a concepire nel 2007, poi supportato dalla collaborazione col pianista Marco Milano. Sarebbe stato comunque con l’arrivo del tastierista Piergiorgio Abba, sostituto del dimissionario Flavio Esposito, che il progetto avrebbe preso una sua connotazione ben precisa, creando un’eccellente sinergia proprio tra Lugaro e lo stesso Abba. Oggi (con Marco Milano presente come collaboratore inseparabile, assieme all’ex chitarrista della band, Mauro Brunzu, qui in veste di bassista), il nucleo del gruppo è integrato dal batterista Fabio Sanfilippo (nella band fin dal 1997) e soprattutto dal giovane chitarrista Daniele Ferro, fortemente cercato ed infine trovato nel 2014 per apportare una decisa ventata di energica freschezza alle composizioni. Una scelta che risulta essere ben ponderata, in quanto l’album ne trae davvero beneficio. L’esordio dei Nathan – il cui nome è dovuto ad una curiosa esperienza onirica di Lugaro, in cui una donna si liquefaceva davanti a lui nello scompartimento di un treno, tenendo in mano un foglio dove c’era scritta la frase: “Nathan vive” – sarebbe stato decisamente più fiacco senza le “iniezioni” chitarristiche di Ferro (scusando il facile gioco di parole!). Il lavoro in questione è un concept in cui si parla della Terra barbaramente devastata dall’uomo, che alla fine si ritroverà senza acqua. Quest’ultima, il bene in assoluto più prezioso, verrà ricercata tra deserti e rovine seguendo una nebulosa, sorta di stella polare a cui fare riferimento. Riferimento che sembra traslare l’immagine della luce seguita dai Magi per la ricerca del Messia, ma che secondo i diretti interessati – nonostante gli evidenti riferimenti biblici – vorrebbe alludere ad un periodo in cui non si crederà più in Dio ma nella nuova idealizzazione di determinate figure.
Cominciando col tema portante in 9/8 che verrà ripreso in altre occasioni lungo le tracce dell’album, il prog sinfonico e romantico (new-prog?) dei Nathan non sembra poi così trascinante. Sarà con le parti strumentali della title-track e di “Resto qui” che il lavoro comincerà a mostrare la parte migliore di sé, tra lunghi assoli di chitarra ed inserimenti tastieristici di vario genere. Stessa cosa dicasi per “A ferro e fuoco”, con il flauto di Davide Rivera, dove per lunghi tratti sembra di sentire rimandi ai campani Grimalkin, a loro volta debitori del Camel-sound. Innegabile, poi, il riferimento alle Orme ma anche ai Delirium, come è possibile sentire chiaramente in “L ‘ attesa”, in cui l’approccio vocale di Lugaro ricorda quello dell’Ivano Fossati pre-solista e risulta decisamente migliore rispetto a quanto sentito fino a quel momento. Un approccio simile a quello della seguente “Il fiume sa”, che ben si innesta su un tessuto tendente al new-prog (stavolta sì!) più energico, con tastiere che guardano però sia a Tony Banks che a Keith Emerson, conclusa dall’insieme corale giocato con la voce di Monica Giovannini, forse fin troppo stiracchiato, rifacendosi in maniera abbastanza chiara ai Pooh che facevano l’occhiolino al prog. Interpretazione sia vocale che strumentale proseguita su “Comandava il vento”, mentre la conclusione è affidata a “Quando volo”. Un brano decisamente diverso, più pop/rock anni ’80, suonato però con sonorità attuali, riprendendo una tradizione che sembra essere tornata di moda nella musica leggera italiana.
Sono in tanti ad essersi già sperticati in lodi per l’album in oggetto e c’è da credere che per gli amanti del settore questo sia un lavoro da ascoltare e riascoltare, nonostante (anzi, forse proprio per questo) il suo voler rimandare continuamente a qualcosa di sentito più volte in passato ed anche stereotipato. Dopo vent’anni di esperienza, di sicuro, i musicisti liguri sanno il fatto loro ed anche chi è più giovane dimostra di possedere capacità non da poco. Parlando in generale, al di là della nostalgia, non è certo tutto oro ciò che luccica. Ma per il momento va anche bene così: come hanno avuto modo di dichiarare loro stessi, con questi lavori non ci si arricchisce di certo, quindi li si compone più che altro per una sorta di piacere personale. Da segnalare la bella copertina, che ritrae la Nebulosa della Farfalla (NGC 6302) nella costellazione dello Scorpione, oggetto di interessante discussione astronomica anche grazie alla sua stella centrale, tra gli oggetti più caldi conosciuti nella Via Lattea (in superfice: 200.000 gradi kelvin) e ad oggi non direttamente osservata a causa delle polveri e dei gas che la circondano. Una copertina che inconsciamente ricorda un po’ quella dello storico “Island” (1971) dei King Crimson.


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Michele Merenda

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