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MULTI STORY Crimson stone Festival Music 2016 UK

Tra i tanti gruppi usciti dall’ondata della NWOBPR degli anni ’80, i Multi Story non furono certo i più noti né quelli più interessanti… eppure riuscirono comunque a dare alle stampe due LP nel corso del decennio, guadagnandosi un minimo apprezzamento e sparendo inesorabilmente di lì a poco… salvo ricomparire adesso, grazie al recupero del monicker da parte del tastierista Rob Wilsher, l’unico membro presente su tutti gli album del gruppo. Dopo l’esordio di “East/West” nel 1985 infatti, già il secondo lavoro “Through Your eyes”, uscito due anni dopo, vedeva mutati tutti i membri del gruppo, ad eccezione proprio di Wilsher. Questo “Crimson Stone” segna peraltro il ritorno del vocalist Paul Ford, presente nel primo album.
Il Prog dei Multi Story, come accennato in avvio, non era certo dei più attrattivi per chi mastica, e masticava, questa musica, sia pure nella sua versione New Prog degli anni ’80. Essendo composizioni troppo sbilanciate sul versante rock melodico e pop, con poca propensione ad atmosfere ampie e sinfoniche, le canzoni dei primi album della band, seppur alla fine risultassero moderatamente gradevoli (soprattutto il primo LP), non riuscivano a trovare il quid in più per guadagnarsi un seguito più o meno stabile di appassionati, svolgendo il loro compitino senza troppi guizzi memorabili.
Questo “Crimson Stone” in parte sembra non voler mutare radicalmente il nostro pensiero sul gruppo; il nuovo corso della band gallese sembra voler venire maggiormente incontro agli ascoltatori Prog, presentando sì composizioni agili e ritmate, ma non disdegnando brani più complessi, con il ricorso a tratti ad atmosfere più distese e magniloquenti, come la bella title track conclusiva. In generale tuttavia la musica che ci viene proposta manca tuttora di quel quid che possa far fare il salto di categoria.
In qualche brano possiamo apprezzare qualche ritornello un po’ più accattivante, come in “12:16”, un brano ritmato ed orecchiabile che può risultare trascinante, altrove alcuni tentativi di costruire melodie più complesse, come nella già citata “Crimson Stone”, nella divertente “Tutankhamun”, permeata dall’ingombrante tappeto di tastiere, o nella lunga “Black Gold” che tuttavia non riesce alla fine a centrare l’obiettivo.
Il risultato finale è comunque discreto; si tratta di un album moderatamente divertente, forse addirittura il migliore dei Multi Story, ma senza il guizzo particolare che possa farci nascere il desiderio di riascoltarlo qualche volta di più.


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Alberto Nucci

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