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XII ALFONSO Djenné autoprod. 2016 FRA

Dopo un epico triplo cd dedicato all’Opera di Charles Darwin e nonostante il duro colpo ricevuto dalla morte del loro percussionista storico Thierry Moreno, i XII Alfonso si rimettono in gioco con un concept album ambientato nel misterioso Mali, situato nell’Africa Occidentale a metà tra l’area desertica del Sahara e la più rigogliosa savana, terra meravigliosa, ex colonia francese, ma ancora estremamente povera, negli ultimi anni centro di scorribande jihadiste: queste feroci degenerazioni hanno spinto i XII Alfonso a volgere la propria attenzione verso un paese che nonostante l’enormi difficoltà può vantare una solida tradizione culturale e musicale legata ai griot, con la speranza di riuscire a trasmettere un messaggio di fratellanza e solidarietà. Djenné è il nome di un’antica città del Mali, la città del fango, importante centro commerciale e sede di una grande moschea nonché il più grande edificio al mondo costruito in adobe, un miscuglio di paglia, sabbia ed argilla, giustamente considerato patrimonio mondiale Unesco insieme alla città di Djenné. Sull’origine di quest’antica moschea, costruita nel 1280, c’è una bella leggenda su cui è incentrato l’intero ultimo disco dei XII Alfonso: registrato tra il Senegal e la Francia, mixato e masterizzato nel Niger e suonato con una vasta collaborazione di musicisti senegalesi e del Mali con grande utilizzo di svariati strumenti tradizionali africani, “Djenné” vuole essere un inno alla tolleranza e comprensione, così, in questo periodo storico così drammatico e pieno di incertezze, la serenità che scaturisce dai brani di questo cd ha qualcosa di commovente. I brani sono cantanti sia in francese che in africano da Angélique Dione e Moustafa Cissé con molta naturalezza, il mood rilassato e melodico, senza forzature sperimentali, conferisce alla musica la giusta dimensione, ovvero quella di un ascolto scorrevole e piacevole, componente essenziale per comunicare con sincerità i sentimenti che fanno da sfondo al disco. Piace l’eleganza nella composizione delle canzoni ed il buon gusto nella fusione di sonorità e situazioni apparentemente molto diverse: in parte sono stati raccolti gli insegnamenti della world music da Peter Gabriel ad Hector Zazou ma ovviamente i XII Alfonso seguono una loro strada personale che si individua in una sorta di afro-progressive folk pop/rock che si avvicina per attitudine avventurosa ai Minimum Vital, con incluse alcune spericolate sessioni musicali afro-medievali tutte da godere; c’è spazio per la world-fusion più d’atmosfera, valorizzata da una eccellente resa sonora naturalistica e rispettosa dell’essenza degli strumenti tradizionali e non mancano altre suggestive e stravaganti trovate come un omaggio in chiave esotica di “Hotel California” degli Eagles. Disco davvero piacevole e convincente, dunque, forse a tratti anche troppo rilassato e leggermente retorico nei passaggi più mondani e pop ma comunque sempre generoso di raffinatezze e idee brillanti. Forse chi era rimasto entusiasta da “Charles Darwin” potrebbe oggi rimanere un pochino bruciato da questa ennesima svolta stilistica ma, con la giusta apertura mentale, in “Djenné” c’è tanta roba buona da apprezzare!


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Giovanni Carta

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