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HALF PAST FOUR Land of the blind autoprod. 2016 CAN

Meno di mezz'ora di musica, questa è la durata di "Land of the blind", mini-album degli Half Past Four, i cui nomi dei componenti, a parte quello evidentemente italiano del batterista Marcello Ciurleo, suggeriscono una provenienza da qualche paese dell'est Europa. Non è così. Ho scoperto subito che il gruppo è canadese, e la cosa mi ha interessato poiché praticamente tutto il progressive che conosco proveniente dal Canada riguarda i Rush. Non mi aspettavo niente di relativo allo storico trio di Toronto e in effetti dopo il primo ascolto ho realizzato che l'unico punto in comune è la città di provenienza.
I cinque brani presenti nel disco, presi nel loro insieme, sono abbastanza vari ma in generale esistono due fili conduttori che procedono separatamente, uno che accomuna l'opener, "Mathematics", con l'ultimo brano, "Mirror eyes", e un altro che abbraccia le tre tracce centrali. "Mathematics" è un brano che sembra quasi un pastiche di cellule sonore raccolte dal passato e fatte crescere in un brodo di coltura progressivo. L'esperimento è realizzato talmente bene e con così tanta perizia da risultare praticamente perfetto. In cinque minuti e mezzo di musica è possibile riconoscere passaggi che ricordano King Crimson, Genesis, Jethro Tull e soprattutto Yes, sia nelle parti vocali che in certi arrangiamenti di tastiere ed organo alla Rick Wakeman. Il brano è molto gradevole, ben strutturato nelle sue sezioni che passano da atmosfere folk ad accelerazioni hard rock, con bei riff e assoli dei vari strumenti e, nonostante gli evidenti rimandi a cose già sentite, riesce a dare l'impressione di essere frutto di un ragionamento e di una scrittura di qualità. "Mirror eyes" segue la stessa falsariga, è solo un po' più lunga e lascia molto spazio alla bella voce di Kyree Vibrant.
Le tracce centrali sono un'altra storia, sul serio, e si potrebbe scambiarle per parte del repertorio di un'altra band, dato che si tratta di brani molto più sperimentali e dal suono e dalla costruzione abbastanza folli. "Mood elevator" è un curioso mix di jazz, jazz-rock, pop e metal. Ci sono alcuni parlati zappiani qua e là, poi passaggi ritmici intricati con gli strumenti che ripetono ossessivamente il riff principale, aperture jazzate su cui la voce di Kyree si lancia in strepitosi vocalizzi e sfuriate chitarristiche che mi hanno vagamente ricordato (forse per mera suggestione) i conterranei Voivod. "Toronto tontos" supera gli otto minuti ed è una cover parecchio schizzata di un brano della band canadese Max Webster. Ho ascoltato l'originale e devo dire che nel complesso gli Half Past Four ne hanno realizzato una versione molto fedele, caratterizzata da pesanti riff di chitarra mischiati a parti ossessive di piano, misteriosi tappeti di tastiere, folli parti vocali cantate in coro e declamazioni disperate. A suo modo, il brano è il pezzo forte dell'album e in ogni caso io l'ho trovato divertente. "One eyed man", pur trasudando la sua discreta dose di pazzia, non regge il confronto. Si tratta comunque di un altro bel brano in cui si alternano riff duri a parti più melodiche, con un andamento da marcetta e parti vocali più declamate che cantate.
"Land of the blind", pur essendo "solo" un mini-album, può spiazzare nel suo essere completamente a due facce. Credo però che convenga considerare questo aspetto come un punto di forza più che come un deterrente. Le composizioni sono di qualità e l'ascolto è piacevole. Personalmente, mi sono ritrovato ad infilare il cd nel lettore più del necessario allo scrivere la recensione, ed è qualcosa che non mi capita spesso. Gli Half Past Four, in conclusione, sono una band da tenere d'occhio.



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Nicola Sulas

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