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ILL WICKER Untamed The Sign Records 2016 SVE

Formatisi a Göteborg, gli Ill Wicker hanno pubblicato il loro album d’esordio nel 2014 e con esso hanno guadagnato forti consensi, accresciutisi con questa seconda loro produzione, uscita ad inizio 2016. La band è costituita da 6 musicisti, tre uomini e tre donne, con la quasi totale assenza di strumentazione elettrica (c’è solo un organo che fa la sua timida apparizione di quando in quando) in favore di chitarre acustiche, percussioni, violino, viola d’amore, mandolino e fisarmonica. Come si può facilmente immaginare da ciò, la proposta della band è decisamente indirizzata sul versante folk; in effetti, fin dalle primissime note che si possono ascoltare, due storici gruppi Prog folk vengono prepotentemente alla mente: i Comus e gli Spirogyra. Specialmente dei primi vengono presi gli impasti vocali, frutto spesso di un cantato a più voci, maschile e femminile, le ritmiche e certe atmosfere talvolta angoscianti.
Le sette canzoni tuttavia hanno talvolta andature abbastanza dinamiche (l’iniziale e troppo breve “I Was Here When the Sea Was Young”, brillante e ritmata), sconfinando spesso e volentieri anche nella psichedelia, con lunghe jam ipnotiche (come in “The Charm on Your Chest”) ma non disdegnando momenti più quieti e dalle sonorità accattivanti (come nella title track… per lo meno nella prima parte).
Nell’inizio di “Silent Impulse” il cantato a due voci è solo femminile e questo dona un senso di dolcezza alla canzone… sempre però trasmettendoci un senso di attesa che fa presagire qualcosa che deve accadere; la traccia accelera progressivamente infatti, si unisce la terza voce e poi la seconda parte della traccia si scatena in una jam strumentale frenetica ed inquietante.
“Earth Child” inizia con un feeling medievaleggiante, da festa agreste, che però si ricompone ben presto per dar spazio alle solite inquietanti atmosfere, con un cantato tormentato (lo spirito dei Comus è forte in questo brano) che cresce di tonalità con lo scorrere dei minuti per poi smorzarsi quasi per consunzione.
“The Trials Of Madame Dillner” ha un’apparenza più ordinaria, di classica folk song, con un timido accenno di folk svedese (il cantato è comunque sempre in inglese) e un organo più presente che mai all’interno dell’album, anche se sempre piuttosto defilato.
La conclusiva “Min Levnads Afton / Twelve Men” riprende una canzone svedese tradizionale, molto onirica e notturna, sostenuta quasi solo da archi e voci (femminili), dalle atmosfere dolci ed ipnotiche; decisamente una gran bella conclusione.
Questo secondo album degli Ill Wicker è proprio un bel dischetto, bisogna dirlo. Non è eccessivamente lungo (ovviamente è uscito anche su vinile, era scontato) ed è privo di veri momenti morti. E’ vero anche che non annovera neanche molti momenti memorabili… ma questa è un’osservazione forse puntigliosa.



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Alberto Nucci

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