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MELILOTUS Dama autoprod. 2016 SPA

Profumo d’estate… mare… vacanze… isole… cosa di meglio per entrare in sintonia con tutto ciò di un gruppo che provenga dalla piccola isola di Minorca? Questi quattro musicisti, invece di godersi ad libitum le bellezze naturali offerte dalla loro isola, si sono imbarcati in un ambizioso progetto musicale e visuale. Non contenti di aver scelto di suonare rock progressivo, che già, di per sé, è sempre una bella sfida, hanno voluto approntare, per il proprio album d’esordio autoprodotto (altra sfida non indifferente), un vero e proprio film, riversato su DVD ed ovviamente accluso al CD le cui canzoni ne rappresentano la colonna sonora. L’album è suddiviso quindi in capitoli, un paio dei quali sono suddivisi a loro volta in movimenti, col capitolo IX (“Final”) che è posto in apertura di CD.
Il film (discretamente realizzato, anche se artigianale) narra di un uomo che torna a casa dopo una giornata di lavoro e, dopo essersi seduto sul divano di casa davanti a un tè, viene spinto da qualcosa in un viaggio allucinogeno che lo porterà dritto nelle leggende di Algendar, dove incontrerà una donna misteriosa che lo condurrà nel burrone del suo subconscio (chissà cosa aveva messo in quel tè!).
Dal punto di vista musicale, il gruppo rivendica influenze di Pink Floyd, King Crimson e Yes; a dire il vero la loro musica, che non vede la presenza di molte tastiere, giusto un po’ di synth e il piano suonato dall’ospite Maria Marquès in alcune tracce, ma possiamo giusto trovare qualche traccia degli ultimi, assieme a un po’ di Camel, un poco di hard rock, mai troppo sopra le righe, una psichedelia gentile, funky. Benché le tracce siano tutte legate tra loro, ci sono spesso dei lunghi intermezzi tra l’una e l’altra e i momenti davvero suonati non sono quindi moltissimi… in un disco che già dura circa quaranta minuti.
L’album è prevalentemente strumentale, nonostante il gruppo annoveri un cantante di ruolo, ma i suoi interventi (in lingua catalana) sono sempre limitati, tanto che arriviamo addirittura alla quinta traccia prima di ascoltare la sua voce… giusto per poche strofe, peraltro. Le tracce centrali, “Cova Murada” e “Sa Novia d’Algendar” (quest’ultima divisa in tre parti), sono le più lunghe (8 e 10 minuti) ed anche quelle su cui si impernia l’album intero. Proprio “Sa Novia d’Algendar” è basata su una storia (intrisa ovviamente di leggenda) minorchina, dai contorni drammatici e misteriosi.
L’album, come detto, non dura molto e a dire il vero lascia poche tracce dietro di sé; la musica è sì moderatamente gradevole ma è pressoché impalpabile, senza una vera personalità, di certo più adatta come colonna sonora di una storia visuale.



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Alberto Nucci

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