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ASTROLABIO I paralumi della ragione Andromeda Relix 2017 ITA

Aprire e chiudere un album con due brevi brani acustici che omaggiano la "Blackbird" di Paul McCartney, è un'idea carina. Come due parentesi tonde, "Dormiveglia #1" e "Dormiveglia #2" inquadrano una manciata di brani di rock progressivo ai quali il lato rock regala un sapore gustoso e deciso che ben si sposa con l'ironia permeante le liriche e la grafica del lavoro. L'ispirazione è, in maniera evidente, quella del rock italiano degli anni settanta, sorprendentemente ben calibrata e con un accettabile grado di modernizzazione, conferito principalmente dai suoni. Alla chitarra elettrica, fumante di overdrive, si accoppiano le parti di synth, la cui scelta dei timbri ben si adatta ai classici suoni dell'organo elettrico e a quelli monofonici analogici che ogni tanto si alternano o accompagnano all'unisono la chitarra.
I brani sono di durata medio-lunga (tra i sei e dieci minuti circa) e, pur senza raggiungere la lunghezza della suite, alcuni (per l'esattezza i primi tre) sembrano studiati per concatenarsi tra loro in maniera naturale, tanto che ad un ascolto rilassato può capitare di non avvertire il cambio di traccia. Se l'ascolto è attento, le differenze sono invece evidenti. "Nuovo evo" è un complesso hard rock giocato sui riff di chitarra incastrati nella ritmica, tra pause, accelerazioni e rallentamenti e una voce molto in evidenza. Il timbro di Michele Antonelli (principale autore, nonché chitarrista e flautista) è d'impronta chiaramente rock, con un'impostazione "italiana" e una discreta espressività. Si passa in maniera molto fluida a "Una cosa", brano nettamente più pacato, con il piano elettrico ed il flauto ad evocare atmosfere jazz-rock. Le parti recitate contribuiscono a porre l'attenzione sui testi, ben curati e incentrati su un concept surreale avente come tema il decadimento socio-culturale dei nostri tempi. "Pubblico impiego" torna su ritmi più nervosi e complessi, ricordando in maniera evidente il sound hard rock settantiano. "Arte(Fatto)" è un triste e dimesso brano acustico che funge da spartiacque verso la restante parte dell'album, introdotta da un breve pezzo strumentale che sembra estratto direttamente dallo scrigno dei tesori del progressive italiano di quattro decenni orsono e proseguente col brano più lungo dell'album, la cui voce araba femminile recitata iniziale fa scorrere qualche brivido di ricordi lungo la schiena. In realtà "La casa di Davide" ha ben poco a che vedere con gli Area, essendo un altro brano in pieno stile Astrolabio. I tempi in questo caso si dilatano, alcune parti possono sembrare ripetitive e la struttura basata su numerose sezioni appesantisce il risultato. "Sui muri" segue la stessa falsa riga ma risulta un po' più convincente con le sue parti melodiche alternate ai passaggi strumentali.
"I paralumi della ragione" è nel complesso un bel disco, abbastanza misurato e rispettoso nel suo rifarsi al passato in maniera personale. I riferimenti portano a gruppi come Rovescio della medaglia e Garybaldi, dei quali gli Astrolabio recuperano il gusto per l'hard rock mescolato a suoni classici. Fa piacere constatare come ci sia qualcuno che abbia ancora voglia di seguire questa strada perché non bisogna dimenticare che il progressive è prima di tutto rock, anche se gli stessi componenti del gruppo preferiscono sostituire il termine "progressivo" con quello più originale e di "degressivo".



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Nicola Sulas

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