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OMEGA Anthology 1968-1979 Purple Pyramid 2017 UNG

Sapete qual č la band piů longeva del mondo? Immagino che starete tutti pensando ai Rolling Stones... invece no! Sono gli ungheresi Omega che quest'anno festeggiano i 55 anni di carriera!
Gli Omega sono una vera leggenda in Ungheria, forse i soli Illes possono rivaleggiare in fama con loro, e ancora adesso nelle loro apparizioni live fanno il pienone di spettatori.
Potete quindi immagine che per una band tanto famosa non manchino certo le raccolte e i greatest hits vari, cosě come potete immaginare come possa essere difficile scegliere i brani migliori all'interno di una produzione tanto vasta.
Queste premesse sono doverose nell'accingersi a recensire questa raccolta della band ungherese. L'album č doppio e copre il periodo che va dallo storico album “10000 Lépés” del 1969 fino all'altrettanto storico album del 1979 "Gammopolis". Questo č stato il vero periodo d'oro degli Omega, i quali hanno spaziato dal pop psichedelico (in teoria coperto dal primo cd) allo space rock/progressive (in teoria dal secondo cd).
Partiamo subito dalle note dolenti, la grafica e la realizzazione veramente sciatta della raccolta. Il libretto č davvero scarno e la mancanza di informazioni significative rende il tutto ancora piů misero. Le canzoni presenti sono tutte le versioni (dell’epoca) in inglese o in tedesco dei brani originali in ungherese e quindi si fa fatica a capire esattamente di quale brano si tratta e a quale album si riferiscono. Inoltre sul cd č presente una serie di errori, a partire dal nome del disco 1 "The Beaty Sixties" (tralasciando che il disco in questione contiene canzoni anche degli anni ‘70). A voler essere pignoli si puň anche far notare che il disco in questione non contiene nessuna canzone del 1968. Infine la raccolta non č altro che l'aggregato di due raccolte "The Beaty Sixties" e “The Spacey Seventies”, giŕ uscite nel 2015, e non propone materiale inedito.
Passiamo invece alle cose positive che, in realtŕ, č solo una... la musica!
Gli Omega sono stati una grande band e quindi si va sul sicuro, la raccolta dŕ comunque una visione abbastanza completa di quella che č stata la musica della band ungherese nella decade che va dal ‘69 al ‘79.
Il disco 1 propone brani che partono dal 1969, con il secondo album della band, il mitico "10000 Lépés", fino al 1975, con l'album “Omega 6”.
Il primo album "Trombitás Frédi és a Rettenetes Emberek" del 1968 non č rappresentato, cosa non troppo grave in quanto trattasi di un disco beat ancora acerbo e di transizione.
Di ben altra pasta č il successivo "10000 Lépés", considerato da tutti il loro capolavoro della prima fase di carriera, in cui la band vira verso uno hard prog fresco e innovativo, sicuramente al passo con quanto proposto nello stesso periodo in Inghilterra e in America.
Non a caso troviamo ben 6 brani a rappresentarlo. Si parte con “Petroleum Lantern (Petróleum lámpa)”, divertente brano dal sapore pop, poi si va con la psichedelica “Spanish Guitar Legend (Spanyolgitár-legenda)”. Troviamo lo splendido pezzo “Stormy Fire (Tűzvihar)”, con un incedere selvaggio quasi sabbathiano e una chitarra incendiaria, e il delizioso pop progressivo alla Zombies di “The Jester's Daily Bread (Udvari bolond kenyere)”. C'č anche la traccia che dŕ il titolo all'album, “Ten Thousand Paces (Tízezer lépés)”, un monumentale inno rock, e ovviamente non poteva mancare il loro cavallo di battaglia, la splendida e onirica ballata “Pearls In Her Hair (Gyöngyhajú lány)”. Il pezzo č nello stile delle ballate degli Uriah Heep. solo che il gruppo inglese ancora al tempo non aveva ancora pubblicato nulla. Successivamente č coverizzata/plagiata negli anni ‘80 anche dagli Scorpions con il titolo "White Dove" e addirittura campionata da Kanye West. E’ presenta addirittura anche la versione in tedesco del brano, “Schreib Es Mir In Den Sand”.
Del successivo album "Éjszakai Országút" troviamo il solo pezzo “Nur Ein Wort (Van egy szó)” e anche qui direi giustamente, visto che si tratta di un disco minore, in cui la band rimane ancora un po' troppo ancorata alla forma beat. La canzone in sé č un’altra ballata molto melodica.
Migliore č il successivo, il finto live, "Élő Omega”. In pratica sono brani in studio di un precedente disco censurato, inframmezzati da finti applausi. Questo č anche il primo disco degli Omega senza due dei componenti originali, che nel frattempo hanno lasciato la band per fondare un altro gruppo storico del rock ungherese i Lokomotiv GT.
In questa raccolta ci sono ben 4 brani da questo finto live: “Remembering (Emlék - Csenddé vált szerelem)”, “After a Hard Year (Egy nehéz év után)”, “Everytime She Steps in (Régvárt kedvesem)” e “Just a Bloom (Eltakart világ - Egy perc nyugalom)”. Essendo la versione in inglese sarebbe piů esatto dire che appartengono all’album del 1973 “Omega 3”, uscito per il mercato internazionale e contenente appunto le versioni inglesi dei brani di “Elo Omega”. Da questo momento infatti ogni album della band esce anche nella versione inglese con l’obiettivo, mai realizzato pienamente, di conquistare anche il mercato internazionale.
Il primo č una ballata piacevole sullo stile di “Gyöngyhajú lány”, il secondo č un brano piů propriamente sinfonico, con un incedere solenne. Con il terzo si va piů verso rock, tanto che potrebbe tranquillamente figurare tra le bonus track di “Who’s Next”. “Just a Bloom” č invece un brano hard rock di stampo purpleiano.
Del successivo “Omega 5” c'č il solo You Don't Know (A jövendőmondó)”. Da questo disco i contenuti iniziano ad andare verso un solido hard rock sinfonico a tinte fantascientifiche che sarŕ il vero e proprio marchio di fabbrica delle uscite successive.
Troviamo anche “200 Years After the Last War”, brano del disco censurato e pubblicato in un omonimo album tutto in inglese contenente anche brani da “Omega 5”.
Il successivo "Omega 6: Nem tudom a neved" č rappresentato con i tre pezzi: “20th Century Town Dweller (20. századi városlakó)”, “Go on the Spree (Egyszemélyes ország)” e “Live as Long as (Addig élj!)”. Il sound qui ormai č ben definito ed č il primo di una lunga serie di album tutti improntanti sullo stesso genere, motivo per cui questi brani hanno piů legami di parentela con gli “Spacey Seventies” che con i “Beaty Sixties”. Per quanto riguarda la scelta delle tracce di quest’album, manca colpevolmente la title track che č anche uno dei pezzi migliori della band. C’č fortunatamente l’altrettanto ottima “20. századi városlakó”, pezzo esemplificativo del nuovo stile della band, che ricorda abbastanza gli Eloy, ma con risultati migliori. Gli altri due invece sono pezzi un po’ banali di pop rock.
Passiamo al disco 2, quello forse piů interessante per un appassionato prog, ma certamente meno variegato.
Si parte subito alla grande con il loro disco “prog” piů riuscito, “Omega 7: Időrabló” del 1977, quasi al completo. Infatti ci sono ben 6 brani sui 7 presenti nell’album originale. Come al solito i brani sono sempre quelli della corrispettiva versione inglese dell’album “Time Robber”.
I primi tre sono in pratica una suite unica, una piccola rock opera ed uno dei brani piů famosi e riusciti degli Omega. E’ caratterizzato da un incedere epico con riff potenti di organo, synth onirici e melodie che ti entrano dentro; potrebbe ricordare a tratti i Rush di “A Farewell to Kings”. I restanti tre brani di “Time Robber” sono altrettanto belli, in particolare “Dont Keep Me Waiting (A könyvelő álma)”, caratterizzata da una drammatica atmosfera floydiana, e “Late Night Show (Éjféli koncert)”, il pezzo piů sinfonico dell’album.
Arrivano poi 4 brani dall’album “Skyrover”, versione inglese dell’originale “Omega 8 - Csillagok Útján”. Disco un po’ piů debole del predecessore e maggiormente influenzato dal rock occidentale. Si parte con la title track “Skyrover (Égi vándor)”, con un’introduzione di piano classica, forse un po’ kitsch, che poi perň si riprende con l’avanzare del brano.
“Late Night Show (Légy erős)” č un brano molto floydiano che sembra essere uscito da una sessione di “Wish You Were Here”. Si ritorna verso lidi piů hard con “High on the Starways (Csillagok útján)”. “Purple Lady (Bíbor hölgy)” č un'altra ballata floydiana con chitarre piangenti e un atmosfera malinconica.
Si chiude con altri 4 brani dal loro ultimo album della decade, “Gammapolis”, la proposta oramai č consolidata e l’album segue la scia dei due predecessori.
Gli Omega ormai non ci sorprendono piů, ma la musica rimane ottima a partire dai due brani che formano una mini suite spezzettata, “Gammapolis I” e “Gammapolis II”. Trascurabile la ballata pop un po’ melensa “Lady of the Summer Night (Nyári éjek asszonya)” che perň č uno dei brani piů richiesti ai concerti della band. Decisamente migliore il brano “Silver Rain (Ezüst eső)”, con un atmosfera tesa e drammatica.
Con quest’album si chiude il periodo d’oro della band che perň continuerŕ a pubblicare saltuariamente album in studio, tutti abbastanza dignitosi, oltre agli immancabili concerti celebrativi. Oggigiorno in patria sono una vera istituzione e orgoglio del rock ungherese; nel resto del mondo invece, pur avendo avuto piů fortuna di tante altre band dell’Europa orientale, non hanno mai avuto il successo che meritavano.
La loro musica forse puň essere considerata dai puristi del progressive un po’ leggerina, le strutture non particolarmente complesse e le loro melodie un po’ troppo mainstream, specialmente se paragonato ad altri gruppi storici del prog oltre cortina quali Modry Efekt e SBB. Tuttavia la band ungherese ha una capacitŕ di songwriting unica, riuscendo a scrivere bellissime melodie, caratteristica che ha permesso loro di farsi apprezzare da un pubblico molto piů vasto.
Questa raccolta ci fa fare un viaggio abbastanza esaustivo tra gli album del loro periodo migliore e per gli appassionati piů pigri potrebbe anche essere una buona base di partenza. Io personalmente non riesco a digerire lo squallido packaging e soprattutto la scelta di utilizzare tutte le versioni inglesi delle canzoni che risultano sempre meno spontanee delle originali. Per tutti coloro che fossero veramente interessati ad approfondire il discorso non posso che consigliare di partire con “10000 Lepes” e “Időrabló” (rigorosamente nella versione ungherese) che sono forse i due album piů significativi di due periodi distinti della band e poi a seconda dei gusti proseguire con i successivi per approfondire una discografia lunga e variegata che saprŕ regalarvi molte soddisfazioni.



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Francesco Inglima

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