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THE CIRCLE PROJECT Bestiario Madre Mine Records & Tapes 2016 SPA

The Circle Project è, appunto, un progetto, in pratica una sorta di supergruppo, tutto spagnolo nato all’interno di un gruppo Facebook (The Prog Circle, da qui il nome) di appassionati, che vede impegnato, sotto la guida del giornalista Angel G. Lajarín, un numero di musicisti che include, tra quelli più noti, Rafael Pacha, Ana Marín (degli Psychosound), Javi Herrera (Kant Freud Kafka) e José Carballido, oltre a vari altri.
L’album si materializza come una sorta di manuale di criptozoologia in cui le 9 canzoni si configurano come delle descrizioni musicali di altrettanti (meno uno, dato che la title track funge da presentazione) animali mitologici (forse addirittura inventati appositamente), ognuna introdotta da una breve narrazione parlata (con sottofondi musicali lievi e quasi impercettibili), più un prologo e un epilogo, per un totale quindi di 19 tracce. Di sicuro un argomento e uno svolgimento piuttosto particolare per un album già di per sé nato in modo particolare. Il risultato è quello di un album molto frammentato, in cui ogni brano vero si staglia quasi isolato, tra un’introduzione e l’altra, evidenziandone in qualche modo anche le caratteristiche e le differenze. Nell’analisi che seguirà tratterò solamente le 9 canzoni, facendo quindi finta che l’album si componga solo di queste.
In generale i pezzi hanno comunque connotati Prog sinfonici, con sonorità talvolta robuste ma mai troppo sopra le righe; il cantato e le narrazioni sono quasi totalmente in spagnolo, tranne un brano in inglese.
La title track inizia con un intro di piano ed è un bel brano Prog sinfonico strumentale dai toni onirici, con una chitarra vagamente santaniana. Ad essa segue “El Gusano del Bosque Gris”, dalle caratteristiche un po’ da opera rock (e fa un po’ ridere… un’opera rock che narra di un verme del bosco grigio), ritmato e dalle tonalità alte ma senza suoni troppo pesanti.
"Equus Neptunialis" è cantata in inglese, con ritmiche e sonorità prevalentemente pacate e un po’ orientaleggianti. "Xiuló Farcit", brano che parla di un animale simile a una lucertola, ha suoni inquietanti, tendenti all’elettronica.
"El Hada de las Volutas de Humo" è bel brano, non lunghissimo, molto delicato, con mandolino e flauto ed atmosfere quasi incantate. “Hyosube”, per contro, ha sonorità alquanto pesanti, con uno Hammond ruggente e una chitarra elettrica che si staglia in solitario, ricordandomi un po’ alcune cose dei Bigelf.
“Pectoide Verde” inizia con una lunga parte di chitarra quasi frippiana in lontananza per poi divenire un brano di rock melodico ritmato, dai connotati quasi radiofonici, che va però ad intricare le ritmiche sul finale.
“Umátodo Obscuro” è il brano più lungo di tutti (quasi 9 minuti) e, a mio parere, anche il migliore o, quanto meno, quello il cui ascolto offre le migliori vibrazioni positive tipicamente Prog. La canzone ha un incedere oscuro e misterioso ed inizialmente quasi attendista, salvo esplodere quasi all’improvviso, sempre con il suono dell’organo Hammond a guidare ed il cantato che sale drammaticamente di tono. Alti e bassi di umore si susseguono quindi per un pezzo quasi entusiasmante nel suo complesso.
La conclusiva “Nubes Vivere”, cantata a due voci da Daniel Campañá e Clara Morant, ha caratteristiche più delicate e romantiche, sviluppandosi su un regolare 4/4, con tastiere e armonie intriganti.
Considerata la sua particolarità, quest’album è piuttosto gradevole anche se, lo ripeto, molto frastagliato e spezzettato. La costante presenza delle introduzioni narrative prima di ogni canzone forse rallenta ed interrompe eccessivamente la fruizione del disco ma quello che ascoltiamo comunque è ben realizzato e ben concepito. Peraltro non so se si possa parlare del primo progetto, o album, del genere ma si può davvero dire che sia nato su Facebook.



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Alberto Nucci

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