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MATER DEA The goddess' chants Midsummer’s Eve 2016 ITA

Abbiamo già seguito sulle nostre pagine i Mater Dea, formazione piemontese dedita ad un gothic-metal con cantato femminile, che segue un po’ le orme tracciate dai The Gathering dal momento dell’avvengo di Anneke Van Giersbergen. Nella loro musica si avvertono quindi una certa potenza abbinata a melodie incantevoli, ad un senso di malinconia costante e ad aperture che danno un tocco sinfonico. Con il loro nuovo lavoro “The goddess’ chants” provano a rielaborare una parte del loro repertorio in chiave acustica e puntano sulle caratteristiche più raffinate della loro proposta. In cinquantaquattro minuti, così, abbandonate le chitarre ruggenti e l’aggressività e facendo ricorso, tra le altre cose, anche a stravaganti percussioni, bouzouki irlandese e violoncello, possiamo ascoltare undici brani che spingono verso un sound più delicato e pastorale, che rievocano scenari celtici e medievali e che si sviluppano attraverso soluzioni semplici, abbastanza dirette, ma comunque ricche di un certo fascino. Il trait d’union con il passato è dato dalle atmosfere elegiache che avvolgono l’intero lavoro, ma stavolta a guidare le danze, oltre la voce angelica di Simon Papa, abilissima cantante che già si era messa in luce nelle precedenti prove discografiche, sono soprattutto le chitarre di Marco Strega (impegnato anche al piano, alle tastiere e occasionalmente alle parti vocali) che con timbri acustici gettano le basi per questa musica raffinata e intrigante. A completare la line-up ci sono Chiara Brictadona Manueddu al violoncello, Morgan De Virgilis al basso e Carlo Cantatore alle percussioni. Avrete già capito che siamo di fronte ad un album diverso rispetto ai precedenti, con dei connotati di folk-rock molto forti ed evidenti, che in alcuni casi sfiorano anche il cantautorato. L’abilità del gruppo di riarrangiare in un certo modo i propri brani dà comunque ottimi frutti e, tanto per rimanere nell’ambito di colleghi che gravitano attorno all’universo del progressive rock italiano, possiamo assimilare l’indirizzo stilistico che si delinea a quello di artisti come Lingalad ed Ancient Oak. La trasformazione delle composizioni in scaletta, quindi, è molto netta e spinge i Mater Dea verso una nuova strada che ha colori magari diversi da quella seguita finora, ma che denota anch’essa scenari di grande attrattiva. L’album è compatto e scorre bene ed è difficile individuare momenti di spicco, perché si viaggia costantemente su standard davvero elevati. Resta un prodotto destinato principalmente a chi ama le magie acustiche piuttosto che la potenza di fuoco del gothic metal o la maestosità del rock sinfonico.



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Peppe Di Spirito

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