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KALISANTROPE Brinicle Sounday 2017 ITA

Dopo un promettente ma un po’ immaturo EP, giusto per presentare la band al consesso Prog, questo trio lombardo dà alla luce il suo primo full length, composto da 8 tracce strumentali. Il trio è ancora formato da Noemi al basso, Alex alla batteria e Davide alle tastiere. Di solito, in questi casi, si parla di power trio ma, nel caso dei Kalisantrope, non c’è molto power nella musica che viene proposta; semmai c’è fusion, escursioni delicatamente sinfoniche, un pizzico di ambient e di psichedelia… tutto suonato senza frenesia, privilegiando atmosfere spesso oscure ed inquietanti.
Le 8 composizioni di quest’album sono di durata piuttosto contenuta ed omogenea, tranne la conclusiva e cupa “Genisteae”, e riprendono il discorso appena abbozzato con l’EP pubblicato nel 2014. La composizione dei nuovi brani è andata di pari passo con la prova degli stessi dal vivo, allo scopo di trovare il giusto funzionamento ed equilibrio di quanto scaturiva da session di improvvisazione. Il risultato è indubbiamente più maturo ed equilibrato pur se, come detto, in continuità con l’esordio, maggiormente orientato sul versante jazz, più sofisticato e di certo meno naïf.
Se talvolta la scarna strumentazione poteva apparire come un limite alla creazione di sonorità complesse ed articolate, questo limite, se tale è, viene ridimensionato sia per il gran lavoro delle tastiere che per un lavoro compositivo meglio studiato e in cui l’entusiasmo sfrontato viene limitato e convogliato su binari positivi. L’energia che sembra covare costantemente sotto la cenere sembra rilasciarsi solo in modo saltuario; la parte centrale dell’album è ad esempio occupata da brani dalle caratteristiche quasi sperimentali o comunque dalle caratteristiche complesse e irregolari, infarciti di pause fatte di atmosfere fosche e quasi angoscianti. D’altra parte il titolo e la cover stessa dell’album richiamano le stalattiti marine, le cosiddette “dita della morte”, formazioni ghiacciate che si originano dal ghiaccio presente in superficie e che, una volta giunte sul fondale, congelano istantaneamente ogni forma di vita che si trovi nei paraggi.
Pochi, si diceva, i momenti in cui i musicisti rilasciano quell’energia, anche se sempre in modo controllato. “Brinicle” è un album il cui ascolto va intrapreso in maniera consapevole, sapendo di trovarsi di fronte qualcosa che necessiterà di un’attenzione non banale. Malgrado qualche limitato giro a vuoto (alcuni passaggi complessi paiono forse artificiosi), l’esperienza è positiva e siamo di fronte ad una band giovane che cerca di distinguersi positivamente nell’ambito di questa musica.



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Alberto Nucci

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