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PLENILUNIO Vivo controvento autoprod. 2017 ITA

Le origini di questo gruppo piemontese risalgono ai tardi anni ’70 quando i fratelli Camparo (Valter, tastiere, e Roberto, basso), assieme ad altri compagni di avventura, tra cui il batterista Roberto Maggiotto, tuttora presente, vollero dar sfogo alla loro passione per Genesis, Pink Floyd ed altri numi del Prog. Gli anni hanno portato ovviamente vari avvicendamenti nel gruppo ed anche più o meno prolungate interruzioni dell’attività musicale. Nel 2012 esce infine il primo album dei Plenilunio e, 5 anni dopo, questo “Vivo Controvento”, il primo pubblicato su supporto fisico. Le canzoni, nel corso del tempo, hanno acquisito, secondo le parole del gruppo stesso, maggior maturità, smorzato molti svolazzi ed orpelli un po’ ingenui, in favore di composizioni brevi ed agili, supportate da testi “in cui l’ascoltatore può perdersi e trovarsi al tempo stesso”.
Alla prova d’ascolto quindi questo dischetto si presenta in modo simpatico e fruibile, con 12 canzoni di durata contenuta, con uno stile melodico e graziosamente pop, con armonie appena un po’ elaborate ma senza svolazzi strumentali. Il cantato è affidato a Maggiotto e, sebbene il gruppo precisi che in passato il ruolo di vocalist sia stato ricoperto da persone ben dotate di qualità vocali e carisma, bisogna dire che non se la cava male.
Pochi i momenti in cui la band si lascia andare a momenti strumentali prolungati, si diceva. Tra questi è senz’altro da segnalare la bella “Coppie Simili”, con graziose armonie di tastiere che abbandonano momentaneamente il ruolo un po’ sotto le righe loro assegnato per la gran parte dell’album. Fa ovviamente eccezione la breve traccia strumentale (“E Nuvole Cancellano il Sole”) posta quasi in coda all’album e costruita principalmente sulle tastiere, appunto.
Carina anche “Non ti Aspettavo”, costruita sopra la chitarra acustica ma con buoni interventi di tastiere e un cantato più soffuso.
“Senza Fiato” presenta connotati di un rock un po’ più tirato ma patinato ed orecchiabile, ampliando se possibile le similitudini con i Pooh d’annata, già comunque evidenti nel resto delle canzoni.
In effetti le similitudini che più immediatamente balzano alla mente, più che Genesis e Floyd, ci parlano appunto di Pooh, Camaleonti o Dik Dik, ovvero la tradizione dei gruppi rock/pop italiani degli anni ’70, ricchi di melodia e di immediato impatto, senza particolari escursioni sul versante rock e ideali per un concerto estivo in piazza. Il Prog appare solo come una presenza sullo sfondo, in disparte ma comunque idealmente presente nelle armonie e come ispirazione iniziale dei musicisti.



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Alberto Nucci

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