Home
 
HADAL SHERPA Hadal sherpa autoprod. 2017 FIN

Ogni tanto il mondo del Prog sa tirare fuori dal cappello una sorpresa inaspettata che salta fuori apparentemente dal nulla... inaspettata, appunto, e decisamente piacevole. E’ questa volta il caso di questi finlandesi, comparsi quasi all'improvviso ed autori di un album d’esordio sorprendentemente interessante. Questo quintetto proviene da Vantaa, nell’entroterra di Helsinki, e ci propone un album strumentale, gradevolmente in bilico tra psichedelia, Prog sinfonico e sonorità esotiche che, almeno nella sua prima parte, mi ricorda due band connazionali: i Groovector e, in misura minore, i Finnforest.
Il gruppo è guidato dal chitarrista (ma anche al bouzouki, tastiere e percussioni) Vesa Pasanen; accanto a lui ci sono Sauli Marila (basso e violoncello), Matti Elsinen (tastiere), Ilja Juutilainen (batteria) e Ville Kainulainen (chitarra). A questi si affiancano alcuni ospiti tra i quali Pi Kiviharju, il cui flauto caratterizza positivamente alcuni degli 8 brani dell’album.
Nei primi due brani, che costituiscono apparentemente due parti di una stessa composizione (“Nautilus”), in effetti il flauto fa il bello e il cattivo tempo, dettando deliziose melodie che vanno ad intrecciarsi alle tastiere e a chitarre gentili, non limitandosi di sicuro, in quanto ospite, a brevi e circoscritti interventi. Sonorità tenui e soffuse che oscillano tra atmosfere spacey e un soffuso blues lasciano ciclicamente spazio a progressioni e crescendo strumentali; la musica poi si distende su affascinanti temi di largo respiro per poi ritornare daccapo su temi già sviluppati, in un rincorrersi continuo che cattura inesorabilmente l’attenzione.
Colpiti da cotanta delizia, viene da chiedersi come la band potrà mai fare a meno del flauto nelle tracce successive e a mantenere inalterato il mood. La risposta ci giunge, inaspettata, con il terzo brano, “Chafa Azeno”, con il quale la band si sposta verso i Balcani e mostra l’altra sua faccia. Sale alla ribalta il bouzouki e la composizione acquista appunto sonorità greco-turche-mediorientali, pur con connotati delicatamente psichedelici sempre presenti, uniti a una bella dose di surf rock. I 9 minuti di questo brano hanno movenze dinamiche e ritmate, concitate e spesso frenetiche, piuttosto diverse dai due brani iniziali.
La successiva “Ikaros” abbandona temporaneamente il Mediterraneo orientale per prodursi in uno splendido crescendo che raggiunge nella parte centrale del brano ritmiche e distorsioni vivaci, splendidamente trascinanti e mozzafiato, per poi sfumare in un finale quasi rumoristico. “Heracleion” è la traccia più lunga, 11 minuti in cui la prima parte è caratterizzata da crescendo sinfonico-psichedelici alternati momenti di jam ritmate, per poi tornare a sentire il bouzouki, con le atmosfere e ritmiche mediorientali che fanno di nuovo capolino, per terminare infine con i riff iniziali.
Il titolo “Marrakech” inevitabilmente ci suggerisce di che tenore sarà la traccia successiva; si tratta, come previsto, di un brano dalle atmosfere mediorientali, stemperate tuttavia da una ritmica concitata e nervosa, con le influenze psichedeliche decisamente accentuate. I quasi 10 minuti di “Abyss” iniziano molto lentamente, con oltre 3 minuti di musica d’atmosfera e abissale che rilasciano poi un tema musicale floydiano, con una chitarra vagamente bluesy e gilmouriana che per altri 2 minuti prende la scena, per poi sfociare in accelerazioni e jam che ormai abbiamo imparato a conoscere e che ci condurranno fino alla concitata fine del brano.
Siamo giunti alla conclusione: con “Black Elk” si torna dalle parti del Mar Egeo e ritroviamo finalmente il flauto che tanto abbiamo apprezzato in avvio, in un susseguirsi ciclico di riff potenti e speziati. Rimangono nelle orecchie piacevoli echi di quanto abbiamo appena ascoltato e la consapevolezza che questi Hadal Sherpa siano tra le migliori band debuttanti del 2017.



Bookmark and Share

 

Alberto Nucci

Italian
English