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VITRAL Entre as estrelas Masque Records 2017 BRA

Questo album è stato concepito… 35 anni fa!! Già perché il deus ex machina del progetto Vitral, Eduardo Aguilar, compose e registrò i brani su cassetta a metà anni ottanta. Tutto finì nel dimenticatoio finché Aguilar riscoprì il materiale e decise di utilizzarlo per un “solo-album”. Ben presto l’idea di un lavoro di gruppo prevalse e così rinacquero i Vitral che ora hanno tra le proprie fila, oltre ad Aguilar (basso e tastiere), anche Claudio Dantas (batteria, dei Quaterna Requiem), Luis Zamith (chitarra elettrica) e Marcus Moura (flauti, dei Bacamarte).
“Entre as estrelas”, questo il titolo dell’album, è un lavoro piacevolissimo anche se non immune da qualche critica. Solo tre i brani (interamente strumentali, scelta già piuttosto coraggiosa…) presenti nel cd: “Pétala de sangue” che sfiora i sette minuti, “Vitral”, che chiude l’album, con i suoi cinque minuti abbondanti e, nel mezzo, la suite, nonché title-track dell’album, di… 52 minuti!!!
Un album raffinato, ben suonato, che abbina il new prog inglese anni ottanta, con la vena melodica e, perché no, malinconica che non di rado riscontriamo nelle produzioni progressive sudamericane. Gli importanti input forniti dal flauto di Moura aumentano il pathos di alcuni passaggi ed innalzano il livello qualitativo, soprattutto della suite.
Ma andiamo con ordine. “Pétala de sangue” è un convincente inizio: un new prog brillante, con chitarra hackettiana, un fascinoso flauto, tastiere a go-go, ritmiche coinvolgenti e solari. La title track è ovviamente la pièce de resistance dell’album con una durata monstre. Sin troppo facile definirne i contorni: c’è di tutto un po’, lungaggini comprese, naturalmente, e non potrebbe essere altrimenti. Un pizzico di Flower Kings (senza cantante…), una spolverata dei Nexus più sinfonici, tinte pastello a nome Camel, “solarità” mediterranee, rarefatte incursioni acustiche, enfatici squarci elettrici e qualche barocchismo estetizzante, questa la ricetta proposta dal trio brasileiro. Bella, molto bella a tratti, ma indubbiamente lunga, forse anche troppo… Insomma se ammiriamo il “coraggio” di proporre un brano così esteso, non possiamo che apprezzare anche il prog-fan che, impavido, si cimenta nell’ascolto, magari plurimo e continuato del pezzo… Chiude l’album “Vitral”, interamente suonata da Aguilar. Se la prima parte è una sorta di madrigale rinascimentale, la seconda è un’ariosa e “sinfonicissima” prova di talento tastieristico.
Il trio brasiliano non inventa nulla e crediamo non sia neanche interessato ad essere originale a tutti i costi, malgrado ciò quanto proposto, una sorta di compendio di prog romantico-sinfonico, è davvero ben fatto e formalmente ineccepibile. E tanto ci basta per apprezzarne a pieno il valore.



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Valentino Butti

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