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WISHBONE ASH Raw to the bone (2CD) Neat Records 1985 (Lemon 2018) UK

Se si volesse cominciare una recensione dei Wishbone Ash citando tutti i vari cambi di formazione, non si farebbe altro che escludere in buona parte l’analisi dell’album preso in esame e tediare i lettori senza far capire cosa aspettarsi da questa pubblicazione. Basti sapere che dopo il 1974 uno dei due chitarristi storici, Ted Turner, lascerà la barca e poi verrà imitato anche dal bassista/cantante Martin Turner (che negli ultimi tempi ha sfornato revival live della band madre a più non posso). Da qui, un passaggio corposo di musicisti, tra cui vi fu anche John Wetton. Dopo quest’ultimo, ecco entrare in formazione il giovanissimo Mervyn “Spam” Spence, che assieme ai “vecchi” Andy Powell alla chitarra e Steve Upton alla batteria, divide la scena assieme all’altro chitarrista Laurie Wisefield. “Raw to the bone” risentiva molto dell’epoca in cui fu pubblicato, tra AOR, rock radiofonico posticcio e tentazioni heavy metal, proprio nel momento in cui la New Wave Of British Heavy Metal (NWOBH) andava per la maggiore. Peraltro, Steve Harris degli Iron Maiden aveva avuto modo di parlare delle influenze avute proprio dallo storico gruppo, grazie soprattutto agli assoli incrociati delle due chitarre soliste durante i primi anni ’70. Ma qui, purtroppo, gli assoli che erano stati un marchio di fabbrica non compaiono affatto. Si è parlato dell’album più duro della formazione britannica, ciò che però ne venne fuori fu un insieme di canzoni dal minutaggio limitato con la quasi totale assenza di fasi soliste, forse per poter assecondare i passaggi radiofonici del periodo. Ciò che sicuramente risulta in buona parte positivo è il cantato di Spence, soprattutto sulla seconda “People in Motion”, anche se l’intonazione si assesta per tutto il disco su toni alti e non vi si scosta praticamente mai. Gli accenni chitarristici del bel tempo che fu, dal sapore celtico, fanno una timidissima apparizione sulle conclusive “Dreams” e “Perfect Timing”.
Nel 2017 l’album è stato rimasterizzato, con l’aggiunta di materiale che per i collezionisti potrebbe risultare interessante. Oltre alla bonus track “She’s Still Alive”, sono state aggiunte anche le sessions del 1986, dove a Powell e ad Upton erano affiancati il chitarrista Phil Palmer ed il bassista Brad Lang. Quattro brani in cui le parti vocali sono tutte eseguite da Andy, il quale non raggiungerà chissà quali vette ma mostra di possedere ancora una buona capacità di interpretazione. Pezzi come “Apocalypso” o “Valley of Tears” superano senza dubbio la sufficienza e anche “Nkomo” presenta una buona attitudine sul versante funky. Occorre poi dire che è stato aggiunto un secondo dischetto, in cui la formazione del 1985 suona live otto canzoni trasmesse dalla BBC il 5 luglio ed il 9 dicembre di quell’anno. Più interessante risulta la seconda serata, quella al Hammersmith, in cui si sente il calore del pubblico e vengono riproposte le classiche “Living Proof”, “The King Will Come” e “Blowin’ Free”, tornando così alle consuete cavalcate chitarristiche. In generale, anche gli altri pezzi qui sembrano migliori, nonostante la qualità audio sia inferiore alle versioni in studio.
Si tratta di una ristampa che con i sui ventitré pezzi potrebbe far gola ai collezionisti, si diceva. Il contenuto non è certo irrinunciabile, a suo tempo prodotto da Nigle Gray (lo stesso dei Police e in certi punti decisamente si sente). C’è comunque un sostanzioso booklet, in cui il giornalista Dave Ling di Classic Rock Magazine riassume le vicissitudini del gruppo, soffermandosi in particolar modo sugli aneddoti che hanno poi portato alla formazione presente su quest’album, oltre ad analizzare soprattutto le sessions del 1986.



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Michele Merenda

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