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YUKA AND CHRONOSHIP |
Ship |
OMP Company |
2018 |
JAP |
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Un altro disco e un'altra ora di musica per Yuka e la sua astronave temporale, e con questo sono quattro album in otto anni, segno di come il progetto musicale sia organizzato e pianificato con cura. Chiariamo subito che "Ship" è, prevedibilmente, abbastanza simile agli album precedenti, sia dal punto di vista musicale che per quanto riguarda i temi trattati (soprattutto il viaggio, per aria, per mare o nello spazio). Non c'è niente di strano in questo, dato che lo stile dei Cronoship è ormai collaudato e possiede quel sapore rassicurante che fa sempre piacere ritrovare nella musica. Il rovescio della medaglia è ovviamente la mancanza di novità, che ci spinge a chiederci se di questa ci sia veramente bisogno. Azzarderei a dire di no. Sinceramente, credo che troverei strano ascoltare un futuro disco di Yuka & Cronoship che suoni diverso, e dubito che ciò in effetti succederà. La band è sempre la stessa, con Yuka accompagnata da tre ottimi musicisti che non si limitano al ruolo di comprimari, con la tastierista a scrivere tutte le composizioni, Shun Taguci le liriche e tutta la band ad occuparsi degli arrangiamenti. C'è però Sonja Kristina piacevole ospite nella prima traccia. La musica è il consueto amalgama di progressive rock ispirato principalmente agli Yes, venato di hard rock e fusion e principalmente strumentale. Le prime sette tracce formano una suite basata sul mito greco di Argo, la nave magica che trasportò gli Argonauti e Giasone alla caccia del Vello d'oro. Inutile dire che la suite è ben progettata, con i sette movimenti che alternano momenti pacati ad altri più epici e rock, in un crescendo che culmina con un magnifico esempio dello stile della band, tra superbe melodie e ricchi arrangiamenti. Le altre tracce non fanno eccezione, a partire da "The airship of Jean Giraud", brano impreziosito dai vocalizzi di Yuka, vero e proprio marchio di fabbrica della tastierista/cantante e con un assolo traboccante gusto e melodia del chitarrista Takashi Miyazawa. "Visible light" è cantata in giapponese da Yuka (c'è la traduzione nel libretto) e si distingue per arrangiamenti molto piacevoli, "Old ship on the grass" è un'allegra ballata (tipologia di brano ricorrente negli album del quartetto) basata su suoni meno "tecnologici", mentre "Did you find a star?" chiude il disco in maniera molto atmosferica e melodica. In definitiva, il disco è bello, e all'ascolto lascia una piacevole sensazione di positività. Preferisco evitare di cercare altri aggettivi per definirlo, poiché rischierei di essere banale e di banalizzare allo stesso tempo la musica. Non resta che ascoltarlo e aspettare altri due anni per il seguito.
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Nicola Sulas
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