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IN CONTINUUM Acceleration theory RecPlay Inc. 2018 UK/USA/ARG/GER

Non possiamo fare a meno di rispolverare il termine supergruppo per definire questo nuovo progetto che vede l’aggregazione, tra membri effettivi ed ospiti, di un notevole gruppo di musicisti da palmarès importante. La loro enumerazione non può non essere accompagnata da un’acclamazione personalizzata per ognuno di essi: abbiamo il nucleo fondatore composto quindi da Dave Kerzner (Mantra Vega, Sound of Contact e solista) - voce, tastiere e chitarra acustica -, Gabriel Agudo (Bad Dreams, Steve Rothery Band) - voce solista -, Randy McStine (The Fringe, Sound of Contact) – chitarra e voce -, Matt Dorsey (Sound of Contact) - basso, chitarra e voce -, e Marco Minnemann (The Aristocrats, Steven Wilson ed altri) - batteria-. Tra gli ospiti troviamo invece Nick D'Virgilio, John Wesley, Fernando Perdomo, Leticia Wolf, Kaitlin Wolfberg, Jon Davison, Steve Hackett e Steve Rothery.
Nonostante oramai la perdurante disillusione nei confronti di progetti di questo genere, è innegabile che non si può fare a meno di covare aspettative di un certo spessore anche solo leggendo tutti questi nomi. Devo anche ammettere che, almeno per quanto mi riguarda personalmente, molti degli artisti presenti nel progetto, e parlo dei titolari ovviamente, non tanto degli ospiti, hanno un curriculum che mi lascia abbastanza indifferente o comunque non particolarmente trepidante, quindi le aspettative non possono essere troppo fuorvianti nell’ascoltare quest’album. L’album, pubblicato il 1° gennaio di quest’anno, consta di 12 brani, la maggior parte abbastanza breve ma con una punta di durata che supera di poco gli 11 minuti, per un totale un’ora di musica, a formare un concept album che viene descritta come una storia d’amore interstellare tra un’aliena e un terrestre.
Considerando che il progetto è nato su idea di Kerzner per poter dar forma concreta ad alcune sue canzoni inizialmente composte per i Sound of Contact e che include alcuni membri dei Sound of Contact, quali pensate che possano essere i riferimenti più diretti che riconosciamo nella musica di quest’album? Esatto: non ve lo voglio neanche dire…. Oltre tutto lo spirito di questa band è presente anche per il fatto che alcune canzoni portano la firma di Kelly Nordstrom e Simon Collins, anch’essi membri della band. Possiamo quindi considerare quest’album come una prosecuzione o la naturale continuazione di “Dimensionaut”? Penso che non sia del tutto corretto pensare ciò, dato che ad ogni modo gli altri musicisti non sono certo lì a pettinare le bambole e ognuno, più o meno, riesce a portare un proprio contributo all’insieme che andiamo ad ascoltare.
Probabilmente quest’album può essere considerato maggiormente legato al Progressive anni ’70; possiede un incedere brillante e sostenuto (ma mai troppo pesante) per quasi tutta la sua durata, con i brani che scorrono naturalmente l’uno dentro l’altro e si dipanano con buona tecnica (e su questo non c’erano molti dubbi) e buona capacità compositiva, trovando a tratti anche arrangiamenti complessi, anche con l’uso di archi, un bel duetto di batteria nella parte centrale di “Two Moons Setting with the Sun”, alcune parti musicali in “Crash Landing” che ci ricordano addirittura i Twelfth Night di “Live at the Target”, lo splendido cantato in inglese di Agudo, una struttura diffusa da colonna sonora che pervade un po’ tutto l’album. Se devo essere sincero, nonostante l’avvio non sia comunque proprio negativo, l’album riesce a decollare col passare dei minuti e delle tracce, riuscendo a tenerci ben incollati all’ascolto senza grossa fatica e lasciandoci, anzi, un certo senso di insoddisfazione per la fine un po’ troppo repentina della conclusiva “Banished”.
Benché non si stia probabilmente parlando dell’album dell’anno, almeno una volta ogni tanto consentitemi di non essere troppo deluso da un progetto di questo genere.



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Alberto Nucci

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