Home
 
SILVER KEY Third Ma.Ra.Cash 2019 ITA

Al terzo album e dopo alcuni importanti cambiamenti in formazione, i Silver Key, band milanese attiva dagli anni ’90, ma che ha debuttato nel mercato discografico solo nel 2012, continua la sua esplorazione del progressive rock in un’opera che continua a far avvicinare una base di new-prog marillioniano a spunti più tosti e moderni. Attorno alla figura cardine di Davide Manara (tastiere) troviamo oggi Ivano Toglietti (basso), Dino Procopio (voce) e Roberto Buchicchio (chitarra), accompagnati da alcuni ospiti. Siamo di fronte ad un concept-album legato al pensiero filosofico di Schopenahuer, con una trama in cui si intrecciano le storie complesse di cinque personaggi diversi. Il tiro dell’opener “A common soldier”, sette minuti ben giocati con aggressività, sudore, belle parti solistiche e tecnicismi non esasperati, ma al servizio del brano, è un buon inizio di un disco onesto, in cui forse mancano vere e proprie scintille, ma in cui tutto sommato non c’è nulla fuori posto. Il momento migliore è rappresentato dalla suite conclusiva “Back to the present”, che raccoglie le ultime cinque tracce. In questa composizione, in quasi diciotto minuti, i Silver Key mettono insieme e fondono le loro anime e le loro fonti di ispirazione. Si va dalla partenza tosta, con base Dream Theater, a spinte di classico prog sinfonico-romantico con tastiere in evidenza, da guitar-solos epici in stile Gilmour a spunti vagamente tecnologici, il tutto, ovviamente, con gli inevitabili cambi di mood e di tempo. Il prog-metal è ispezionato meglio attraverso “Ulysses”, che rievoca i Fates Warning, mentre il momento melodico è rappresentato da “Last love”, un new-prog carino e sdolcinato. Gli altri brani di “Third”, “I, wish” e “V.R.”, vedono soluzioni un po’ più particolari, in cui un impianto base che rievoca i Marillion hogarthiani viene trattato con un pizzico di elettronica con discreti risultati. Come accennavamo manca la scintilla, manca quella composizione che fa un po’ sobbalzare dalla sedia o quell’impressione di una personalità fortissima che fa innalzare prepotentemente la qualità. Qualità che di base c’è, perché siamo di fronte ad un disco buono di prog moderno. Purtroppo oggigiorno ne escono tantissimi così e diventa difficile orientarsi nell’impennata quantitativa degli ultimi anni suggerendo un album piuttosto che un altro tra quelli che si assestano al di sopra della sufficienza, ma che fanno fatica a spiccare il volo.



Bookmark and Share

 

Peppe Di Spirito

Italian
English