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LUCY IN BLUE In flight Karisma Records 2019 ISL

Partono le prime note dell’iniziale “Alight, pt 1” e subito vengono evocati i Pink Floyd più psichedelici, dall’epoca “Meddle” in poi! Era praticamente lo stesso effetto provato all’inizio del debutto di questo quartetto islandese, nel 2016. L’esordio conteneva maggiori digressioni in fase solista, risultando da questo punto di vista ancora più interessante, ma presentava anche una quantità maggiore di riferimenti stilistici fin troppo evidenti. Di certo, anche qui le citazioni non mancano e per la chiarezza con cui arrivano di colpo sorge il dubbio che l’effetto sia voluto. E parlando di citazionismo, si potrebbero tirare in ballo anche gli spunti più quieti dei norvegesi Arabs in Aspic, che certo di per sé non brillano di originalità e questo risulta ancora più indicativo. Comunque, “Alight pt 2” si apre quasi crimsoniana, per poi evocare subito dopo degli scenari esotici avvolti da plumbee nubi nordiche. Le linee vocali ad opera del chitarrista Steinþór Bjarni Gíslason sono volutamente eteree e allucinate, così come sono visionarie le note soliste delle sei corde, mentre scorrono gli effetti delle tastiere di Arnaldur Ingi Jónsson. E a proposito di King Crimson, “Respire” non può non far venire in mente i loro cosiddetti affreschi, tanto quieta quanto in tensione costante, lentamente sinfonica e scandita soprattutto dal basso di Matthías Hlífar Mogensen. Riascoltandola più volte si dimostra decisamente interessante, soprattutto per gli amanti incondizionati di quelle sonorità, man mano arricchita da piccoli particolari, che vanno dalle linee di chitarra alla batteria solo apparentemente monotona di Kolbeinn Þórsson, il quale deve necessariamente destarsi nella parte finale, che a un certo punto ricorda parecchio la conclusione di “Starless”.
Tutto sembra comunque orbitare attorno quell’immagine di copertina, che proprio come sul debutto si rifà a delle coste nordiche tranquille, forse proprio per questo trasudanti inquietudine, con quei colori che fanno vivere in una realtà piuttosto oscura. “Matricide”, partendo ancora da basi del Re Cremisi, sgambetta inquietante e irrispettosa verso Canterbury, portandosi appresso uno stacco tagliente di chitarra e un finale in cui le sonorità diventano sempre più dense, fino ad esaurirsi di colpo. È il vuoto necessario per passare al calmo (in apparenza, ancora una volta) arpeggio di “Nùverandi”, il cui significato è per l’appunto “corrente”. Essendo quello canterburyano un fenomeno dai contorni indefiniti per antonomasia, in esso vi stanno anche i Camel, che con le loro atmosfere più sognanti fanno scorrere questo flusso esclusivamente strumentale. Una corrente che poi sfocia in “Tempest”, come da titolo decisamente più impegnativa e impetuosa. Tornano a farsi sentire i King Crimson più duri, con i loro classici controtempi, a cui segue un lungo intermezzo calmo e corale, prima che si chiuda pigiando follemente l’acceleratore. La title-track dura quasi dieci minuti, i cui primi quattro continuavano con il solito mood malinconico, per poi ravvivarsi sulla scia sempre dei Camel e di quei Pink Floyd che a un certo punto proprio non sono scesi giù ai puristi. Si chiude con “On Ground”, pezzo che sancisce ulteriormente lo stile fin qui descritto, senza aggiungere assolutamente niente di nuovo.
Come detto, nonostante l’esordio contenesse un numero di citazioni fin troppo evidenti, probabilmente risultava più fruibile e divertente. Qui ci si è forse impegnati di più nell’elaborazione delle atmosfere, risultando alla fine ancora più distaccati, e i riferimenti non sono certo spariti. Un album comunque discreto, godibile, che scorre via velocemente senza forzature e che gli amanti di certo prog apprezzeranno senza dubbio. I quattro di Reykjavik sembrano essere in grado di reggere, quindi è molto probabile che in futuro ci saranno altri album che difficilmente scenderanno sotto la sufficienza. Che poi si riesca a salire fino all’eccellenza è decisamente un altro discorso. Ma non si devono certo porre limiti alla provvidenza.



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Michele Merenda

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