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THE PSYCHEDELIC ENSEMBLE Mother's rhymes Glowing Sky Records 2019 USA

C’è un progetto musicale misterioso che è giunto al suo sesto capitolo ed è portato avanti da un unico musicista il quale, oltre ad occuparsi di tutto ciò che concerne composizione, produzione e missaggio, suona praticamente tutti gli strumenti (chitarre, tastiere, organo, piano, basso, percussioni, voce), salvo usufruire giusto qua e là di alcune collaborazioni spot di altri musicisti. In quest’album sono ad esempio presenti alcune vocalist che si uniscono e si alternano al cantato del musicista misterioso, così come una piccola sezione d’archi. Tornando al misterioso fac totum del progetto, malgrado negli anni sia stato conservato il massimo riserbo sulla sua identità, pare che esso sia di recente stato individuato nel compositore americano Craig First, autore di numerosi lavori di musica d’avanguardia, cameristica, orchestrale ed elettronica, nonché docente di musica e composizione in prestigiose università. Ovviamente questa voce non è stata confermata ufficialmente.
Un’altra particolarità degli album usciti a nome The Psychedelic Ensemble è quella di essere sempre strutturati in forma di concept album; anche questo sesto lavoro non fa eccezione e questa volta l’oggetto del concept è costituito dalle cosiddette nursery rhymes, ovvero le canzoncine e filastrocche infantili che fanno parte del bagaglio culturale britannico e americano e alcune delle quali vengono qui riadattate e, in un certo senso, destrutturate, formando una sorta di narrazione organica e consequenziale ma alternativa alle rhymes stesse, cercando di esorcizzare in qualche modo le situazioni angosciose ed inquietanti che alcune di esse descrivevano, tanto che nell’ultima traccia viene cantilenata la celebre “Rock-a-bye Baby” modificando però le parole in "When the bow breaks, the cradle won't fall, and safe will be baby, cradle and all".
Le 8 tracce si susseguono senza soluzione di continuità e ognuna di esser confluisce nella successiva, formando un’unica suite di 51 minuti. Malgrado il curriculum del (presunto) autore, la musica che possiamo ascoltare in quest’album, così come nei precedenti lavori, ci parla di un Prog sinfonico brillante, ritmato e anche abbastanza energico, pur senza avvicinarsi quasi mai a soluzioni metal, con sprazzi fusion e classicheggianti che vanno ad impreziosire la bella amalgama strumentale che il nostro riesce a creare. Sono presenti ma sono comunque molto limitate le influenze psichedeliche che ci saremmo potuti aspettare pensando al nome del progetto.
La perizia strumentale dell’autore fa spesso dimenticare che si tratta fondamentalmente del lavoro di un unico musicista, se non fosse per la batteria (elettronica o molto probabilmente programmata) che inevitabilmente dà un senso di artificiosità. Ad ogni modo la musica è basata principalmente sul grande dispiegamento di tastiere mentre le chitarre sporadicamente emergono dal mero ruolo di accompagnamento. Il violino ha invece molto spazio ed è presente in molte delle armonie, contribuendo a sottolineare i vari umori che percorrono le canzoni, arricchendone la profondità e l’efficacia. Menzione speciale sicuramente per l’oscura “Little Bo Peep” in cui il l’atmosfera ed il cantato multitraccia di Ann Caren ci raccontano il dramma della piccola pastorella alla ricerca del suo agnellino smarrito.
L’album è gradevolissimo, ricco di progressioni tastieristiche mozzafiato ma anche di intermezzi più eterei ed intimisti; le atmosfere ci possono rimandare in parte a EL&P, Gentle Giant, UK... o addirittura qualche gruppo giapponese degli anni ’80 (Outer Limits, Mugen, Mr. Sirius…). Per chi già conosce gli album precedenti di questo progetto, sicuramente si tratta di una conferma; per tutti gli altri è un invito alla scoperta e difficilmente si resterà delusi.



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Alberto Nucci

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