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TELERGY Black swallow Telergy Records 2020 USA

Passano cinque anni e Robert McClung, polistrumentista e produttore, pubblica il quarto album dei suoi Telergy. Un concept storico, ovviamente. Come nei precedenti lavori, si studiano a fondo i fatti accaduti, ma stavolta viene messa in musica una storia non troppo nota: quella di Eugene Jacques Bullard, cioè il primo aviatore militare afroamericano di cui ad oggi si abbia notizia. Una vita dura, cominciata nell’anno 1895 in Georgia, cioè nel Sud, dove le discriminazioni razziali sarebbero covate nella società ed esplose nella loro violenza con il Klu Klux Klan, di cui risulta essere stato vittima di un attentato anche il padre del protagonista. Una situazione che sotto varie forme sarebbe durata ancora per molto tempo. Questa parte della sua breve infanzia negli USA viene ben rappresentata dall’iniziale “Georgia” (per l’appunto…), dove la chitarra slide di Charles Cormier e l’armonica di Magic Dick ricreano le radici del blues rurale, in campi di coltivazione assolati. Ben presto entra la solennità sinfonica tipica dei “colossal” di casa Telergy, con riff duri di natura metal. Sono sempre i Savatage più teatrali il punto di riferimento principale, oltre a strizzare l’occhio alle versioni live con orchestra operate in passato dai Metallica. Robert suona tanti strumenti, è risaputo, come sempre affiancato da molti altri musicisti. Davvero tanti, in questa occasione. Solo per citare alcuni chitarristi, qua compaiono personaggi del calibro di Vernon Reid (Living Colour), Gary Wehrkamp (Shadow Gallery) ed Andy Larocque (King Diamond), per non citarne altri ancora. Chi sarà, quindi, a sfoderare ad un certo punto l’assolo tanto veloce quanto avvincente che spezza in due il brano da dodici minuti poco sopra citato? Occorre forse andare in ordine di apparizione nel libretto e quindi pensare proprio a Vernon Reid? Bello, poi, anche l’organo di Jeremy Heussi, preludio al coro gospel che sorregge la bella voce solista di Stephanie Slabon.
Dopo l’agguato razzista, Eugene scappa via e a soli 11 anni parte verso la Francia. Viaggio travagliato su una nave tedesca che lo porta prima in Scozia, dove farà tantissimi lavori, persino combattimenti di boxe. Arrivato finalmente in Francia, scrive alla famiglia della sua nuova vita… salvo poi ritrovarsi nel pieno della Prima Guerra Mondiale! “Infantry”, con la sua marcia inesorabile, ricrea proprio il suo passaggio nella fanteria. Anche qui, un assolo altisonante sulle sei corde farà impennare il brano, a cui ne seguirà un altro molto orecchiabile ma sempre velocissimo alle tastiere. Si udiranno quindi le uilleann pipes di Troy Donockley e l’intrecciarsi degli strumenti ad arco che, sommandosi man mano l’uno con l’atro, ricreeranno in modo struggente le difficoltà e le vessazioni della marcia patite dal protagonista. Il nostro non si dà però per vinto, vuole combattere… quindi chiede ed ottiene di essere arruolato nell’aviazione. Le evoluzioni prog-metal di “Take to the Sky” mostrano in dieci minuti il combattente che per il suo essere intrepido si è guadagnato il soprannome di “The Black Swallow of Death”, con il disegno di un cuore sulle fiancate dell’aereo e la scritta: “All Blood Runs Red”. Il violino (forse di David Ragsdale?) disegna una profonda imperturbabilità, terminando con un assolo di chitarra lancinante e l’orchestra che ricrea le imprese del bombardiere.
La guerra finisce ed Eugene sposa l’aristocratica francese Marcelle Straumann con cui avrà due figlie, rievocata col raffinato pianoforte di “Marcelle”, tipico di quelle contaminazioni tra la tradizione europea e le musiche giunte da Oltreoceano. Bullard apre quindi il Duc, locale in cui lui stesso suonava la batteria in compagini jazz, omaggiato con “Le Grand Duc” e le sue atmosfere da big band (senza dimenticare mai la musica più “colta”) con uno spiegamento invidiabile di ottoni. Ma ben presto i venti di guerra tornano a soffiare sul Vecchio mondo e con il sopraggiungere del nuovo conflitto bellico il night di Bullard diventa un’occasione per carpire informazioni ai tedeschi. “Spy” suona lugubre e minacciosa; la pace è finita, Eugene diventa quindi una spia per la Resistenza francese. Il sassofono sembra salutare tristemente questa nuova epoca di dolore, dove bisogna tornare a combattere e allo stesso tempo operare nell’oscurità. Ancora un grande assolo squarcia le nere nubi, in nome delle azioni più intrepide. I nazisti entrano in Francia e, dopo un breve passaggio nuovamente nella fanteria, il Black Swallow passerà prima in Spagna e poi farà ritorno negli USA. “All Blood Runs Red” è lenta, pervasa da una terribile inquietudine, dove una voce terribile fa sobbalzare, seguita dal flauto di Mattan Klein che riporta la quiete e un successivo assolo di chitarra, preludio alla nuova fuga di un uomo che sembra non riuscire ad avere pace. Gli Stati Uniti, infatti, all’ex aviatore non portano bene, visto che viene nuovamente assalito dai manifestanti anti-comunisti durante un concerto promosso per la tutela dei diritti umani. “Chased pt. 2” appare nella sua struttura nettamente migliore della prima, con un buon uso della chitarra acustica e poi l’ingresso incalzante degli altri strumenti. Eugene, dopo aver lavorato come operatore negli ascensori del Rockfeller Center di New York, morirà per un cancro allo stomaco nel 1961 all’età di sessantasei anni. Sarà seppellito con tutti gli onori militari nella sezione dei French War Veterans proprio a New York. Le trombe della conclusiva “Honor” suonano sommesse, per celebrare con discrezione un personaggio capace di portare avanti ideali di equità e libertà, nonostante le vessazioni e ben due guerre mondiali di mezzo.
Ad oggi, il miglior lavoro di Robert McClung; per la complessità dei concept musicali in cui si cimenta, non stupisce affatto che debbano passare alcuni anni tra un’uscita e l’altra. Grande professionalità, ottima produzione e contenuti musicali convincenti, oltre ad una bella confezione. Se vi piacciono riferimenti molto netti che guardano al rock, al blues, un po’ al jazz dei tempi che furono e ovviamente ai sinfonismi tipicamente metal, questa uscita farà sicuramente al caso vostro. Tra i bassisti, inoltre, figurano personaggi poliedrici del calibro di Tony Levin, Michael Manring e Steve Di Giorgio.



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Michele Merenda

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