Home
 
BARBARA RUBIN The Shadows playground autoprod. 2020 ITA

È difficile restare indifferenti alla magia creata dal piano acustico. La ricchezza del suono, l’abbondanza di armoniche, la corposità, le note che sembrano muovere l’aria e la presenza fisica dello strumento, insieme a tanti altri fattori più o meno sottili, contribuiscono a creare qualcosa di musicalmente inarrivabile. Non è facile riprodurre tutto questo in una registrazione e ottenere una resa di qualità, specialmente in un disco che ha il pianoforte come assoluto protagonista. È proprio questo il caso di “The shadows playground”, terzo lavoro di Barbara Rubin come solista, giustamente sottotitolato “Piano works”. Ma non di solo piano vive l’uomo, infatti la Rubinscrive i brani, canta e suona tutti gli altri strumenti presenti nell’album: violino, viola, sintetizzatori, chitarre, basso e batteria. Come se non bastasse, anche la produzione è completamente a carico dell’autrice, dalla registrazione al mixaggio, per finire con il mastering. A pensarci bene, c’è da restare colpiti dal risultato finale, almeno dal punto di vista tecnico.
Diciamo subito che anche dal punto di vista musicale “The shadows playground” si difende bene. La musica è carica di atmosfere intimiste e calibrate, studiate sull’equilibrio tra i tasti d’avorio e la voce di Barbara Rubin. Questa si adagia sulle note del piano con leggerezza, aiutata spesso dagli unici ospiti presenti nel disco: Veronica Fasanelli, nella sola “Helen’s word”, ma soprattutto Andrea Giolo, che in quasi tutti i brani di fatto assume il ruolo del solista insieme all’autrice, creando un contrasto vocale ad effetto. Tutti i brani sono bencaratterizzati, con il piano che non si limita al ruolo di accompagnamento e con gli arrangiamenti che rendono spesso protagonisti gli archi. Gli altri strumenti arricchiscono l’insiemein maniera misurata, sottolineando certi passaggi o evidenziando le atmosfere, che riescono allo stesso tempo ad essere delicate e intense. Il disco è abbastanza omogeneo, per cui non ci sono brani che spiccano in maniera evidente. A me piacciono soprattutto le raffinate strutture progressive di “Seven” e “The shadows playground”, e lo strumentale “Sunrise promenade”. Si tratta però di preferenze puramente personali, dato che tutto l’album nel suo insieme è molto valido.
“The shadows playground” merita ascolti ripetuti e attenti, ma uno dei suoi pregi è che ci si può rilassare ascoltandolo.Si può apprezzare la carica emotiva e intima che sprigiona, si può godere della musica e delle pause che essa contiene, si può amare il suo modo di essere raffinato e, in definitiva, la sua capacità di non lasciare indifferenti.



Bookmark and Share

 

Nicola Sulas

Collegamenti ad altre recensioni

BARBARA RUBIN Under the ice 2010 

Italian
English