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IL SOGNO DI RUBIK Tentacles and miracles G.T. Music 2020 ITA

Il famoso cubo di Rubik ha fatto sognare ed impazzire generazioni di appassionati di rompicapi… ma quali erano i sogni del suo creatore? Ce lo prova a raccontare allegoricamente questo duo composto da Cosimo D’elia (voce) e Francesco Festinante (chitarre, basso e programmazioni midi) in un album dai connotati (per l’appunto) onirici che prova a narrarci l’avventura di un gruppo di persone che cerca di addentrarsi all’interno dei meandri di un labirinto magico in cui strane creature, guidate da un’entità denominata Tentaclenight, cercheranno di ostacolare la ricerca di una via d’uscita.
Otto tracce, tutte sull’ordine dei 5 minuti salvo due che superano di poco i 9 minuti, in cui si sentono echi delle influenze più varie, a partire dai Beatles del periodo Sgt. Pepper, per proseguire verso King Crimson, Zappa, Cardiacs, fino a derivazioni decisamente marginali rispetto al Prog, come Talking Heads e The Offspring.
Parlando di labirinti e di tentacoli, anche le composizioni hanno consequenzialmente un aspetto tentacolare, labirintico e multicolore, attorcigliandosi su se stesse e raccontandoci, coi loro contorcimenti, le angosce e le inquietudini delle situazioni che ci vengono narrate dal concept, alla ricerca di un modo per uscire dal labirinto/sogno, cercando di evitare i trabocchetti orditi dall’entità che lo governa. I primi brani sono costruiti in un crescendo di drammaticità e di inquietudine, dalla quasi orchestrale “The Well of Miracles”, con largo utilizzo di fiati, alla più tormentata “Silky Bliss and Black Waters”, alla furiosa e stralunata “Tentacles”.
Una chitarra decisamente crimsoniana (a metà strada tra Fripp e Belew) contraddistingue la successiva “In the Back of the Real”, brano che cerca di moderare i toni, alzatisi a livelli decisamente elevati nel brano precedente. Rimane tuttavia il senso di smarrimento e di disperato stupore che pervade queste canzoni, umore sicuramente acuito dalla successiva “The Timekeeper”, ossessiva ed alienante, con l’aggravante, nella prima parte, di un cantato sibilato e minaccioso.
Tirando le prime somme, a metà dell’opera, occorre senza dubbio plaudire l’ottima padronanza strumentale di Festinante che, ricordiamo, si occupa dell’intera strumentazione e che non dà minimamente l’idea di una one-man-band, con le ingenuità ed imprecisioni che spesso contraddistinguono queste situazioni. La voce di D'elia, per parte sua, è versatile ed eclettica, riuscendo benissimo a padroneggiare le varie situazioni che si trova ad affrontare.
Sulla lunga “The Planet of Supreme Satisfaction” tornano a far capolino i King Crimson: una sorta di omaggio a “21st Century Schizoid Man”, contaminata ed imbastardita da elementi punk e new wave, senza tralasciare gli stessi Crimson in versione anni ’80 (e una semi-citazione di “Hey Joe”). Atmosfere oscure e un maggior apporto delle tastiere caratterizzano “A Better Nightmare”, brano che non può rimandare, almeno a livello epidermico, ai Goblin, anche se il consueto susseguirsi di frenetici cambi di tempo ed i toni epici e drammatici non lo rende certo avulso dal contesto dell’album. Chiudiamo l’album con l’altro brano di lunga durata, “The Suite of Miracles”, che inizia in modo quasi affabile, con una luminosa sfumatura fusion quasi sorprendente che pure non rinnega completamente i connotati multiformi fin qua apprezzati. Parti vocali quasi liberatorie ci fanno intuire che l’uscita dal labirinto è finalmente alla portata dei protagonisti della storia e un canto di gioia liberatorio finalmente erompe da queste tormentate note e ci guida fino al trionfante epilogo.
Un album sorprendente che non annoia mai e che è riuscito ad intrattenerci in maniera stimolante per quasi un’ora; decisamente un interessante proposta per quest’album di esordio del duo di musicisti del Sogno Di Rubik.



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Alberto Nucci

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