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HORA PRIMA L'uomo delle genti autoprod. 2020 ITA

In preparazione già da tempo, poi probabilmente slittato per via della pandemia COVID, l’album d’esordio di questa band barese è frutto di una devozione religiosa già intuibile dal nome che si è scelta. La band in effetti si gioca subito la carta del concept album scegliendo di omaggiare proprio la figura del santo patrono del capoluogo pugliese, San Nicola, intrecciando vicende storiche e leggende in una narrazione intrigante e, dal punto vista musicale, affidata ad un Progressive Rock decisamente orientato verso gli anni ’70, con i nomi di PFM ed Orme come faro verso cui orientarsi. Nessuna pretesa di originalità ma una sincera passione musicale sembra quindi guidare i cinque musicisti che, in dettaglio, sono Francesco Bux (batteria e voce), Gianluca De Bene (chitarra), Domenico De Zio (chitarra), Roberto Gomes (voce e tastiere) e Valeria Tritto (basso). I testi delle canzoni sono di Giovanni Boccuzzi.
La narrazione comincia proprio nell’anno in cui 62 marinai baresi, con una sorta di blitz, si recano in Asia Minore (nella città di Myra) per recuperare le spoglie del santo allo scopo di non farle cadere nelle mani degli invasori musulmani. Era l’anno 1087 e le reliquie, nel maggio dello stesso anno, vengono accolte nella città con tutti gli onori; proprio “1087” è il titolo della prima breve traccia che, assieme alla successiva “Il Folle Miraggio”, narra l’impresa di questi marinai. Sonorità tronfie e trionfalistiche ci accolgono nel racconto di questa avventura, e fanno quasi da contraltare la chitarra acustica e i dolci suoni di flauto con cui inizia il brano successivo, con un cantato tenue e melodico. Il brano lentamente sale di quota e l’impasto sonoro ci porta decisamente in direzione dei due nomi già precedentemente citati. La musica trasuda entusiasmo e devozione, sia religiosa che musicale (mi si perdoni questo accostamento), con un approccio forse naïf ma comunque sicuramente apprezzabile e in cui l’inesperienza del gruppo non si fa particolarmente sentire.
Un riff che ci riporta un (bel) po’ agli Area caratterizza il brano successivo (“Le Mie Figlie”) in cui si racconta di uno dei miracoli attribuiti a San Nicola (che, come tutti saprete, viene venerato in tutto il mondo ed ha dato in seguito origine alla figura di Santa Claus). Anche “La Locanda nella Notte” racconta di un altro suo miracolo e in entrambe queste canzoni il racconto si fa frastagliato e talvolta teatrale, a ripercorrere la drammaticità delle situazioni che si risolvono in entrambi i casi con l’intervento del Santo.
I due titoli finali, “La Nostra Festa” e “U Sant Nèste” si dà invece spazio alle celebrazioni e alle feste in suo onore, con un umore musicale che muta decisamente, abbandonando le cupe atmosfere dei brani precedenti in favore di atmosfere più gioiose che ci riportano alla PFM di “E’ Festa”. Si passa quindi ad un racconto intriso di nostalgia proprio delle celebrazioni e delle impressioni quasi fanciullesche di un evento atteso ogni anno, che invece nel 2020 è mancato proprio a causa della pandemia, con un finale in cui si dà spazio alle voci popolari e ad un cantato in dialetto.
Questo breve album, si diceva, è intriso di passione e devozione, di gioia e tradizione popolare e di entusiasmo musicale. Lo trovo decisamente apprezzabile proprio perché si tratta di un prodotto vero e genuino, in ogni sua sfaccettatura. Forse il cantato, nei momenti in cui i toni si fanno più delicati e favolistici, può non essere apprezzato da tutti ma il risultato finale secondo me è decisamente interessante e, soprattutto, divertente.



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Alberto Nucci

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