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CICCADA |
Harvest |
Bad Elephant Music |
2021 |
GRE |
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Gli antichi greci consideravano il vino una bevanda sacra e proprio a loro, che ebbero cura di introdurre la vite nei luoghi colonizzati, si deve la diffusione della cultura enologica in Europa. Anche nella antica Eniania, un’area che si colloca attualmente nella Grecia centrale, il vino, utilizzato nei riti e nelle cerimonie religiose, rappresentava un bene prezioso. Non so se ci fosse l’usanza di vendemmiare di notte, come spesso facciamo anche noi in Italia, e non so nulla di questi “guardiani di mezzanotte” citati nel titolo della traccia di apertura ma posso sicuramente affermare che il raccolto per i Ciccada, e di conseguenza anche per noi che possiamo ancora una volta godere della loro musica, è stato davvero buono. A undici anni dall’esordio, il delizioso “A Child in the Mirror” (2010), e a sei da “The Finest of Miracles” (2015), l’incanto si ripete e riscopriamo con piacere la dolce commistione di stili a cui il gruppo ateniese ci aveva abituati. Qualcosa è comunque cambiato e oggigiorno il sound dei Ciccada si racchiude stretto attorno alla line-up di base che non conta più sul ricco supporto di ospiti esterni come in passato. Elementi avventurosi ed eterogenei non mancano nell’arco di queste 6 nuove tracce, peraltro tutte abbastanza diverse fra loro, ma senza voli pindarici o eccessive divagazioni. Alla voce di Evangelina Kozoni ora si alterna quella di Dimi Spela spesso intrecciandosi ad essa come subito possiamo apprezzare nella pastorale “Eniania”, un brano crepuscolare dalle radici folk ben pronunciate che riluce di deliziose polifonie e di tenui colorazioni sinfoniche. Riferimenti ai Flairck ma anche alla PFM saltano bene all’orecchio ma nella successiva “Opening Wings” gli elementi folk ci portano questa volta verso i Fairport Convention. Il paesaggio musicale è rilassante ma incredibilmente particolareggiato con intarsi delicati fra i synth ed il Mellotron di Nicolas Nikolopoulos ed il sax di Marietta Tsakmakli, new entry nei Ciccada assieme al bassista Aggelos Malisovas. “The Old Man and the Butterfly” si tinge di tonalità più oscure, ma non troppo da alterare le atmosfere elegiache che ovunque regnano in questo album. Le vesti sono quelle di un piacevole prog sinfonico e melodico, sostenuto da piacevoli ruvidità con elementi elettrici, incursioni Tulliane, improvvise aperture Crimsoniane ed un pizzico di psichedelia e qualche suggestione Canterburyana. Questa dimensione sinfonica così ben definita e carica di dettagli viene ingentilita dagli interventi del flauto da preziosi ricami acustici come quelli intessuti dal chitarrista Yorgos Mouhos. “No Man’s Land” ci offre scorci ancora nuovi con il prezioso Hammond e una chitarra Floydiana, segue un ritmo di marcia quasi Genesisiano e si lascia attraversare da splendide cascate tastieristiche. Il cantato di Evangelina è elegiaco e contribuisce a ricordarmi, complice il flauto oscuro, i colori e le sensazioni musicali dell’ormai vecchio “Bilbo” (1996) firmato da Pär Lindh & Björn Johansson. Dal fitto di un’oscura foresta ci ritroviamo catapultati con la successiva e più breve “Who’s to Decide?” in uno scenario urbano e travolgente, sostenuto dal basso corposo di Aggelos Malisovas e da sonorità jazzy talvolta bizzarre e reminiscenti dei Gentle Giant, soprattutto per gli intrecci vocali. In chiusura ci attende la traccia più lunga, “Queen of Whishes”, una sorta di mini suite (12 minuti in tutto) in cui il gruppo ama molto giocare con i contrasti. Ci accolgono colorazioni acustiche e nuance folk con graziosi elementi orchestrali ed intermezzi di ampio respiro ma a fare da contrappeso ecco sbalzi rock vigorosi, irrobustiti a dovere da chitarra elettrica, organo Hammond e Mellotron, conditi da assoli e momenti in cui il brano si trasforma in una cavalcata tempestosa gestita dal preciso drumming di Yiannis Iliakis. Si chiude così un album affabile nei modi ma incredibilmente articolato, come nello stile dei Ciccada, forse, per alcuni aspetti, meno esaltante dei due predecessori ma non meno affascinante. Del resto ci si muove su livelli molto alti e fare le pulci ad un disco così è sicuramente ingeneroso, molto meglio abbandonarsi al suo ascolto e recuperare i due precedenti se non già in vostro possesso.
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Jessica Attene
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