Home
 
CRONOFONIA Cronofonía (English version) Home Records 2021 MEX

Doppio album pubblicato in doppia lingua, in due momenti differenti. Infatti, dopo una gestazione cominciata addirittura nel 2000 (ma con idee musicali elaborate nel corso di ben quarant’anni), l’esordio del progetto Cronofonía vede la luce prima in Messico nel 2020 in lingua spagnola e l’anno successivo in inglese, a livello internazionale, grazie all’adattamento di Antoinette Hensey. Un concept impegnativo ad opera di Joaquín “Negro” Ortíz e Pablo Patricio Ortíz – rispettivamente padre e figlio, entrambi chitarristi (in questa sede, la maggior parte delle volte acustici e classici) –, che con accenti prevalentemente sinfonici e l’ausilio di ben trenta musicisti internazionali viene ambientato in un ben preciso decennio storico, quello cioè che va dagli anni ’60 ai ’70 del XX secolo. Un periodo di grandi speranze, anche ingenue come si può evincere da alcuni brani, che qui viene rappresentato non solo dal punto di vista del fermento artistico-culturale, ma anche con passaggi significativi come le proteste studentesche, le dittature militari, senza dimenticare le tensioni della “Guerra fredda”. Del resto, il succitato progetto dichiara fin dal moniker l’intenzione di rappresentare e descrivere lo scorrere del Tempo tramite il Suono e in questo caso si sfrutta la figura di un cantautore colpito dalla sindrome creativa “della pagina bianca”, che assieme alla sorella vive speranze e rimpianti del periodo storico sopra citato. Articolato nell’arco di tempo simbolico di una giornata, il racconto ha inizio dall’alba di un nuovo giorno ad un’altra, dove si articolano pensieri, ricordi e quant’altro. Parte così il tempo del suono… o forse il suono del tempo.
Il primo CD si apre proprio con i sinfonismi in crescendo, le corde classiche e i cori di “Dawn”, tutti elementi che riportano ai musical teatrali ed orchestrali che venivano concepiti verso la fine degli anni ’60, magari ancora privi di un certo senso della misura. C’è da dire che questo primo dischetto non presenta molti picchi, occorre più che altro sedersi ed entrare nell’ottica di tanti anni fa, in cui si ascoltava con calma senza fare altro, assimilando lentamente. In questo modo, si apprezzeranno le quattro parti di “My Sister and I” – due per ogni disco –, ben narrate dalla voce di Sam Blue e soprattutto dal sax di Snake Davis, probabilmente tra gli episodi migliori della storia (soprattutto quelli del secondo CD). “The Ship of Fools”, nel contesto da musical ha una veste molto più sbilanciata verso il versante folk britannico, dalle caratteristiche più meditative, in cui le voci dei protagonisti vengono affidate a Sally Minnear e Julian Wilde. Ma finalmente l’atmosfera esplode e si lascia spazio alle tastiere ruvide di Dave Bainbridge, facendo aleggiare una forte tensione fino alla fine, sfogata col flauto vagamente tulliano di Jeroene Goosens. “Now is Forever” si distingue per l’intreccio delle due chitarre classiche soprattutto all’inizio, prosegue con il quieto approccio folk narrato sempre da Sally, lasciando poi spazio ai due chitarristi che si sbizzarriscono con i loro strumenti tra i cori e chiudendo come in una fiaba. In quella che in questa prima parte è un’autentica “bolla temporale” ovattata, spesso sul punto di esplodere – ma che di fatto rimane costantemente integra e favoleggiante con spunti musico-teatrali anche piacevoli come su “One Early Morning” –, si può saltare direttamente alla conclusiva “There is Life”. Quasi nove minuti che cominciano anch’essi quieti ma che finalmente si impennano e prendono vita, diventando il giusto scenario affinché operi il violino elettrico di David Cross (King Crimson, David Cross Band). Molto convincente il basso in evidenza di Pablo Patricio Ortiz, il quale si lascia andare anche alla chitarra elettrica. Resta il dubbio che in quest’ultimo caso si possa trattare di Dave Bainbridge, che comunque fa sicuramente la sua figura alle tastiere; occorre citare anche l’intervento al flauto solista di Jeroen Goosens, per un esempio di assalto sinfonico ben bilanciato, che sarebbe piaciuto ascoltare più di frequente su questo lavoro.
Il secondo supporto ottico si apre con “Hopes and Dreams” e sembrerebbe che l’ispirazione sia rimasta alta, evidenziando una buona base folk britannica ben cantata da Gabriel Agudo che si va pian piano irrobustendo; grazie a buoni riff e seppur brevi solismi sia sulle sei corde (Patricio Ortiz) che sui tasti d’avorio (Bainbridge), si finisce per far raggiungere alla composizione una apprezzabile connotazione rockeggiante. Anche “Tovarich” presenta forte solennità, che comincia a venir fuori soprattutto dopo due minuti e mezzo, ricordando i concept storici dei Telergy, con qualche vaghissimo spunto preso da un musical leggendario come “Jesus Christ Superstar”. “Soulful Music”, poi, continua a guardare alla magia delle terre di Albione grazie soprattutto alla soave interpretazione vocale di Sally Minnear. Segnalando i divertenti scambi tastieristici dei soliti Patricio Ortiz e Bainbridge sulla quarta parte di “My Sister and I”, non si crederebbe che “The End of Story” possa assumere delle colorazioni sbarazzine dopo averne ascoltato la relativa introduzione, suonata con dei fiati tanti tronfi. Tra marimba e fisarmonica, il pezzo assume invece connotazioni quasi balcaniche; sicuramente un po’ circense e divertente, anche se troppo lunga. La solennità sinfonico-teatrale torna con “I Shall Return”, con cui si respira ancora l’atmosfera da musical anni ’70 in cui strumenti elettrici e ad arco non sempre erano perfettamente bilanciati (qui la produzione è comunque buona), creando un’atmosfera simile a quella dei Caravan con orchestra. Sarebbe stato un più che dignitoso finale, lasciato invece a “Dawn (reprise)”, che come detto all’inizio pone la conclusione a quella che è la riflessione di una giornata sulla propria esistenza. Sicuramente molto progressiva, è impreziosita da controtempi, da quelle svolte elettriche di cui spesso si è sentita la mancanza sull’intero lavoro e soprattutto dagli strumenti a fiato di Goosens. Si finisce per cantare la solita canzone, tra le luci però di un nuovo giorno.
Beh, questo è sicuramente il lavoro di una vita. Così si spiega un esordio che potrebbe risultare dispersivo e che probabilmente sarebbe stato meglio condensare su un unico supporto. Il desiderio però di dar sfogo finalmente a tutta la propria creatività accumulata e di dare una determinata impronta alla storia deve essere stato molto forte. Moto bella la confezione in digipack, il cui art work è opera del messicano Carlos Olvera e della belga Sofie Van den Bergh. I testi possono essere letti per intero sul sito del progetto Cronofonía, oltre ad apposito codice qr che viene riportato nella confezione medesima. Ricordiamo inoltre che Joaquín “Negro” Ortíz, classe 1958, aveva cominciato a suonare la tromba da giovanissimo ma poi – a quanto pare con sommo sollievo della famiglia! – è passato ad altri strumenti, tra cui proprio la chitarra. È stato impegnato sul fronte della protesta politica, soprattutto col gruppo musicale Mapeco, che pare abbia subito per questo autentiche epurazioni. Ecco quindi la grande esigenza di dar sfogo finalmente a certe idee. Il figlio, invece, che da piccolo dormiva nella custodia della chitarra del padre, ha seguito molto presto il padre stesso alle prove e ai concerti, fino a cominciare a suonare all’età di otto anni; dopo un paio di anni si è unito addirittura al gruppo di teatro-musica La Mueca, dove ha iniziato ufficialmente la sua carriera professionale, svolgendo anche ruoli compositivi e di attore. Saltando a piè pari la carriera in Repubblica Ceca, il nostro torna finalmente in patria – anche perché stanco del freddo – e unisce il proprio bagaglio artistico a quello del genitore. Contribuendo quindi a teatralizzare un’opera carica di iniziativa che però, come detto, non nasce certo con la prerogativa d’avere la capacità di sintesi. E alla fine questa capacità non ce l’ha avuta nemmeno questa recensione, ma per indicare gli aspetti salienti senza peccare di superficialità, era assolutamente inevitabile.



Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Italian
English