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KANT FREUD KAFKA Historias del acantilado autoprod. 2021 SPA

Volete che la pandemia non abbia stuzzicato a dovere l’ispirazione di Javi Herrera? Kant, Freud e Kafka avrebbero avuto molto da dire in proposito ed è così che il leader, multi strumentista e compositore del gruppo spagnolo in pieno periodo di lock down ha avuto modo di trasformare ogni angoscia derivata da questa esperienza in musica, offrendoci le sue riflessioni sul destino dell’umanità. Il nuovo album, il terzo dall’uscita del debutto “No tengas miedo” (2014) e del secondogenito “Onirico” (2017), ci ripropone sonorità familiari, non allontanandosi molto da quello stile così intensamente sinfonico che abbiamo già avuto modo di apprezzare. Al piccolo e solido nucleo costituito da Javi Herrera, (batteria, percussioni, voce, strumenti VST e autore di tutte le musiche e degli arrangiamenti), da Alia Herrera (voce e testi) e dal bassista Daniel Fernandez si aggiungono come consuetudine una molteplicità di ospiti con archi, fiati e tastiere a creare una dimensione orchestrale che spesso domina tutte e 5 le composizioni di questo album, tutte prevalentemente strumentali. I sentimenti che ne scaturiscono sono di speranza e di comprensione più che di rassegnazione e paura ed emerge dall’ascolto una visione musicale complessiva luminosa e distesa. Il suono delle campane, che Javi Herrera poteva ascoltare da casa sua durante il periodo di confinamento, ci accoglie all’inizio di “Voz de metal” e rimane a lungo sullo sfondo, continuando a tintinnare nelle nostre orecchie persino quando il loro ultimo rintocco si viene effettivamente a spegnere. Il loro ritmo continua a scandire i minuti che corrono così come il loro suono doveva segnare i diversi momenti delle giornate immobili di isolamento forzato. La musica è quasi un velo impalpabile che pulsa col cuore del basso mentre gli archi si allungano malinconici come ombre sulle pareti di una stanza vuota. Questa tenue dimensione cameristica, con nuance soft jazz ci culla ed accarezza ma non nasconde nulla di sinistro, confortandoci in quella paradossale condizione di solitudine che tutti consociamo. La voce di Herrera è lirica e profonda e perfettamente calata nel mood del pezzo ed ad essa si intreccia soave quella limpida di Alia. Genesis e Camel emergono con grazia fra i riferimenti neii passaggi più lirici in un brano che scorre deliziosamente. “Carta de Gaia” è una riflessione sul perché di tutto questo racchiusa fra passaggi elettrici ed acustici leggeri con soffici arpeggi della chitarra e colorazioni Moog che ci portano verso gli Yes, mentre il cantato femminile unito alle atmosfere fiabesche possono farci pensare ai Reinassance. “Conspiranoia” brilla nella sua semplicità, con i lunghi interludi del piano a cui si uniscono il violoncello ed i synth in una situazione musicale che sembra di riposo e passaggio verso la successiva “My Baby just Scares for me”, uno strumentale oscuro ed introverso che fiorisce come un sinuoso soft jazz cameristico. L’album si chiude con un lungo brano di 15 minuti, “El Acantilado”, una mini suite a tutti gli effetti che si apre con una estesa sinfonia minimalista in cui synth e archi dialogano soavemente. La parte centrale è più moderna e frastagliata e, soprattutto nel finale, col violino ed il sax immersi in una matrice musicale oscura, tornano alla memoria i King Crimson di “Starless”. Non so se questo nuovo album eguaglia la grezza bellezza e i voli di fantasia dell’esordio discografico, quello che è certo è che Javi Herrera è riuscito a delineare un proprio linguaggio musicale ed uno stile personale che riesce a declinare con bravura e questo secondo me è sufficiente per consigliare l’ascolto di un album un po’ fuori dell’ordinario e incredibilmente piacevole da ascoltare.



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Jessica Attene

Collegamenti ad altre recensioni

KANT FREUD KAFKA No tengas miedo 2014 
KANT FREUD KAFKA Onirico 2017 

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