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KOSMODOME Kosmodome Karisma Records 2021 NOR

I Kosmodome sono un esordiente duo di Bergen composto dai fratelli Sandvik, Severin alla batteria e alle percussioni e Sturle alla chitarra, voce solista e basso. In loro aiuto intervengono come ospiti in alcune tracce il chitarrista Morten E. Olsen ed alcuni membri degli Shaman Elephant: il bassista Ole-Andreas Jensen ed il tastierista Jonas Særsten con l’organo, il piano ed il Mellotron.
Senza dubbio ci troviamo in un contesto decisamente psichedelico con tracce che girano senza incepparsi grazie a riff ben concatenati che scorrono come un meccanismo perfettamente oleato. A tenere banco sono però le ipnotiche parti vocali con cori sinuosi e momenti cantabili che in qualche modo posseggono un magnetico sentore di inizio anni Ottanta. I brani si poggiano altresì su ampie parti strumentali ricche di groove, con suoni sporchi e riverberanti, elementi stoner e loop suggestionanti fatti per entrare subito in testa. Ascoltate a tal proposito la centrale “Deadbeat” con i suoi ampi paesaggi sonori ed un sound in continua espansione. All’occorrenza il duo riesce a tirare fuori gli artigli ed è il caso di “Waver I”, sporca e pesante, di grande impatto, con i suoi riff di chitarra ben scolpiti. A stemperare le asprezze interviene sempre la voce di Sturle, tremendamente suadente, e a segnare la strada ci sono sempre ritmiche dal passo sicuro che ci fanno arrivare spediti in fondo ai brani anche quando le ambientazioni sonore si offuscano e si fanno più fumose e pesanti. La band si presenta bene in questa veste più possente e sostanziosa ma è ben attenta a non forzare troppo la mano.
La vera hit di questo album è senza dubbio “Retrograde”, un brano di grande appeal che sfoggia fragranze psichedeliche ed ammiccamenti poppish, che mi ricorda vagamente i Paatos e che possiede in sé qualcosa di Floydiano e di VanderGraffiano. L’idea generale è che il gruppo si sforzi davvero di piacere, limando le eccessive asperità e facendo di tutto per rendere digeribili anche i brani di lunga durata che presentano diversi elementi di complessità, tendendo in definitiva una mano anche ad un pubblico meno preparato. Mi piace ricordare “Orbit” per gli intriganti riff di chitarra e per gli arrangiamenti intrecciati e ruvidi, alternati a momenti più lirici e dilatati e per la sua stesura piuttosto variegata che dimostra come i Kosmodome si sappiano muovere con disinvoltura anche su territori più accidentati ed incerti.
Sicuramente questo esordio è gradevole e pieno di promesse, scabroso e dolce al momento giusto. Un ascolto è senza dubbio opportuno ma per il prossimo futuro punterei più in alto, accettando persino il rischio di scontentare qualcuno, perché le premesse ci sono tutte per un significativo salto di qualità e non è poi detto che piacere a tutti debba essere un traguardo da inseguire a tutti i costi.



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Jessica Attene

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