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THE OLD CASTLE Wistful Thomas Barrow Entertainment 2022 ITA

Storie già sentite nel mondo del progressive rock, sia andando con la memoria agli anni ’70, sia arrivando a venti anni dopo… Soprattutto in Italia. Quelle di gruppi che esordiscono con tanto entusiasmo e che poi spariscono nel dimenticatoio. Salvo poi riaffacciarsi a sorpresa in questo stesso mondo dopo tanto tempo. È il caso anche dei The Old Castle, un gruppo che dopo il debutto del 1995, fece il bis nel 2001, per poi far perdere le proprie tracce. Ritroviamo oggi la band marchigiana con il nuovo album “Wistful” guidata oggi come allora dal tastierista Gabriel Kiss. Il ritorno sulle scene avviene con una line-up rinnovata, nella quale figurano Stefano Conforti (sax e flauto), Jean Luc Delmonac (batteria), Roberto Gatta (chitarre), Massimiliano Luciani (voce), Tonino Monachesi (chitarre), Paolo Pagliari (chitarre e basso) e Alberto Quacquarini (batteria).
“Wistful” è un lavoro di durata contenuta, di circa trentasei minuti e mezzo, con i The Old Castle pronti a mostrare la loro passione per il progressive rock più classico e seguito, legato a quegli sviluppi sonori maestosi e con trame ricercate. Si parte con un’esplosione di suoni e colori che può fare subito breccia nel cuore degli amanti del rock sinfonico: in poco più di tre minuti di fuoco, gli Old Castle presentano al meglio il nuovo album con “Return from fantasy”, con fughe e intrecci strumentali eseguiti con notevole abilità. Mantenendo un simile indirizzo, si viaggia su livelli ancora più alti con “Mario”, complice anche l’entrata del flauto, anche se l’inserimento di una voce tenorile fa perdere un po’ il climax. In “Angel fall” si avvertono tentazioni A.O.R., che verranno ribadite in “Hurt my heart”. Tra queste due tracce, si ritaglia spazio una digressione di poco più di un minuto, “Interlude for Jacky”, un po’ sulla scia della “Talybont” gentlegiantiana. “Il mare” è una delle composizioni più riuscite ed attraenti, con i suoi sei minuti e mezzo di venature classicheggianti e maestose, strizzando l’occhio a Rick Wakeman. Si ritorna al prog romantico, con rimandi ai Camel, in “Black Sunday (Giornate)”, mentre sorprendono, per il finale affidato a “The camel” le contaminazioni tra prog e jazz-rock. Come non poche volte accade negli album di artisti italiani, ciò che non convince e contribuisce ad abbassare il giudizio sull’album riguarda le parti cantate, non all’altezza di quelle strumentali, che, fortunatamente, sono preponderanti. Altra pecca una registrazione non propriamente ottimale.
Difficile dare un giudizio preciso di un disco che ha queste variazioni così nette tra pregi e difetti. Nel complesso, facendo una media, diciamo pure che una sufficienza arriva e aggiungiamo che le parti strumentali sono belle e più di un appassionato potrà interessarsi a questo lavoro per questo motivo.



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Peppe Di Spirito

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