Home
 
LUKE FORTINI Technical supremacy Lion Music 2022 ITA

In principio era lo svedese Yngwie J. Malmsteen, esploso a livello solista nel 1984 con il debutto “Rising force” (nome della band che lo avrebbe accompagnato nei primi album), pietra miliare del neoclassical metal chitarristico, capace di sommergere l’ascoltatore con cascate di note che tra Pagani, Bach ed Albinoni impressionavano soprattutto i giovani neofiti, creando immediatamente una pletora di adepti e cloni; poi venne lo statunitense Joe Stump, che soprattutto con il secondo “Night of the living shred” – esattamente dieci anni dopo – rinvigorì fuori tempo massimo il genere in questione. Fin dalla copertina e all’ostentazione della medesima tipologia di chitarra, il chitarrista ferrarese Luke Fortini sembra rifarsi in questa nuova uscita ai due lavori sopra citati, anche se tutto finisce per esaurirsi ad una somiglianza prettamente… iconografica. Lo shredding neoclassico esasperato del musicista emiliano non raggiunge affatto né i contenuti artistici e né le medesime capacità espressive dei due illustri predecessori. Magari non era nemmeno quello l’intento bensì sfornare un album come aveva sempre desiderato fare e suonare, ma nella sua discografia – è bene dirlo – ci sono comunque lavori solisti che denotano una qualità maggiore. L’etichetta coinvolta, la Lion Music, ospita spesso chitarristi iper-tecnici, che basano il proprio stile sulla super velocità, con risultati finali poi apprezzati quasi esclusivamente dai collezionisti accaniti di guitar-heroes, che in quanto tali devono avere ogni uscita presente sul mercato di riferimento. Ma se già, come detto, nel 1994 Joe Stump poteva sembrare fuori tempo massimo (corroborato però da un’uscita di assoluto livello), qui… che termini occorrerebbe adottare? Peraltro, la casa discografica sembra non aver dato per nulla un ascolto al prodotto finale, che è stato autoprodotto e dal punto di vista della resa audio non risulta affatto vincente (che sia quindi una ristampa, come diversi lavori di Fortini pubblicati postumi?). La title-track, nei suoi interminabili otto minuti, risulta essere totalmente soffocata da riff macinanti e note ingarbugliate, facendo ricordare nella prima parte (quando il ritmo frenetico allenta un po’) lo sfortunatissimo Jason Becker, che col suo primo “Perpetual burn” (1988) aveva dato una risposta molto forte ai propri colleghi. Ecco, forse altri riferimenti li si potrebbe identificare anche nei Cacophony, in cui lo stesso Becker duellava con Marty Friedman, destinato a consacrarsi sia a livello solista che con i Megadeth. Una band non citata a caso, visto che rientra tra i nomi, assieme agli Iron Maiden, a cui guardano gli Hyperion, band nostrana in cui ha suonato Fortini, oltre agli Imago Imperii (dediti al power metal). Non dimenticando, poi, che quest’ultimo è stato per alcuni anni chitarrista di Paul Di’Anno, primo storico cantante proprio della Vergine di Ferro.
Ci sarebbe da citare “Opus Omnia”, che dura addirittura oltre i nove minuti, capace però di svilupparsi in maniera nettamente migliore rispetto ai brani precedenti e facendo sì che la tecnica strumentale stavolta risulti anche funzionale alla fase creativa. In questo senso, suonano decisamente meglio la lenta “A Different Way”, “Mysterious Life Forms” e la conclusiva “Walking on the Bridge”, che presentano parametri differenti e non rimangono sommersi dai barocchismi che caratterizzano anche i caratteri di copertina. Poi c’è “Il Diavolo”, esercizio stilistico senza base ritmica ma con un crepitio costante che presumibilmente ricrea le fiamme infernali; una sorta di atto dovuto ai virtuosi, di cui Nicolò Paganini rimane l’emblema storico assieme all’altro compositore italiano Giuseppe Tartini. Quest’ultimo fu infatti autore della “Sonata per violino in sol minore”, meglio conosciuta come… “Il Trillo del Diavolo”.
In definitiva, a parte qualche controtempo e ritmo un po’ più complesso della scarna batteria (elettronica?), non vi è davvero nulla che possa accostare questa uscita né al prog-rock e né al prog-metal. Si tratta di un approccio che comunque ha creato barriere persino tra chi usufruisce solo di heavy metal, anche perché il genere neoclassico ha avuto degli interpreti che non sono certo rimasti intrappolati nei canoni formali, basti pensare agli stessi e sempre verdi Iron Maiden. Ma anche a nomi solisti come Tony Macalpine o Vinnie Moore, capaci peraltro di evolversi e sfornare lavori tra loro differenti, dimostrando di saper suonare praticamente di tutto. Di Luke Fortini si consiglia “Sonic barrier”, molto più convincente, ristampato proprio nel 2022.



Bookmark and Share

 

Michele Merenda

Italian
English