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ANDREA PERROTTA Irresistibili distanze AP Art Studio 2021 ITA

Esordisce e si autoproduce il polistrumentista Andrea Perrotta, che coniuga certo pop/rock italico assieme ad altre soluzioni che finiscono per far rientrare questo lavoro nel filone “progressivo”. Il nostro, oltre a cantare, suona tastiere, batteria, basso, chitarra acustica ed elettrica, percussioni (anche elettroniche) e programmazioni varie. Accanto a lui, alcuni musicisti che un po’ “riempiono” ed un po’ impreziosiscono i brani, soprattutto alla chitarra solista.
Sei composizioni, alcune lunghe, per un totale di quasi quaranta minuti. Tra queste, occorre esaminare le due che aprono e chiudono l’album, intitolate rispettivamente “Puzzle” e “Velvet #21”. La prima, di nove minuti esatti, viene introdotta dalla chitarra acustica accompagnata subito dopo da un pianoforte brioso, a cui segue la chitarra elettrica che – assieme all’intreccio con la batteria – finisce per ricordare i Kansas del primissimo periodo. I suoni sono forse troppo ovattati e “pulitini”; questo sarà un punto su cui riflettere per eventuali produzioni future. Comunque, i riferimenti subito dopo continuano e, strumentalmente parlando, guardano allo Steven Wilson solista che a sua volta si rifaceva ai Pink Floyd, indurendone e indirizzandone le partiture verso un certo tipo di alternative rock. E proprio nell’alternative italiano può essere inserita la modalità con cui Perrotta canta il relativo testo, che non a caso fa pensare a gruppi come i Timoria. Da segnalare una buona prova alla chitarra solista (ed anche ritmica) ad opera di Daniele Caruso, assieme al tenue intervento al sax di Alessandro Domei nel finale, quando il pezzo va a concludersi in rilassatezza. Quest’ultimo non fa nulla di particolare, ma viene ben inserito nell’economia complessiva della composizione.
Poi, come si diceva, c’è il pezzo di chiusura, il già citato “Velvet #21”, totalmente strumentale e che sfiora i dieci minuti. Qui, Andrea Perrotta si occupa quasi di tutto, spalleggiato solo da Alex Massari alla chitarra elettrica solista. Nella composizione regna un’atmosfera malinconica e decadente, aperta da una risata beffarda emessa a voce molto bassa, seguita dal pianoforte che evoca le sensazioni di cui sopra, molto presto accompagnato da un arrangiamento d’archi. Dopo, è la chitarra acustica che cattura l’attenzione, aprendo la via a quella elettrica. Si tratta senza dubbio di soluzioni che guardano anche verso certo dark-prog, senza disdegnare l’ispirazione neoclassica e riportare alla mente esperienze tipo quella del prog italico dei seventies più oscuro, magari poi ripreso anche da compagini più attuali tipo gli Abiogenesi. Massari, dal canto suo, oltre a destreggiarsi su note “scivolate” che ancora una volta ricordano i Pink Floyd, mostra una certa vivacità quando i ritmi si fanno più sostenuti (tipo intrattenimento da baraccone circense), per poi diventare più suadente quando il pezzo richiede maggiore intimità. Molto buoni anche certi passaggi di Perrotta alla batteria, repentinamente complessi, nei momenti in cui sembrerebbe invece che la musica stia scorrendo su ritmiche tutto sommato ordinarie. Sicuramente un’attitudine stilistica positiva, da tenere in seria considerazione per il futuro.
Nel mezzo a queste due lunghe tracce si trova innanzi tutto “Game Over – Il gioco è finito”, pezzo di denuncia su più livelli, vertendo principalmente su quello ecologico. L’inizio, con la sua batteria battente e i bassi molto pronunciati, è quasi da new-wave, anche per quanto riguarda lo stile vocale. Oltre ad Andrea “Sesto” Graziani al basso ed Alessandra Paletta ai cori (la quale accompagna in tutti i pezzi cantati), qui è presente anche Gianluca Malafronte, che dà ancora maggiore verve con un assolo alle sei corde soliste. Pure su “Rendezvous” ci potrebbe essere qualche rimando alla new-wave, anche se i contorni sono molto più morbidi, proprio come il cantato. La parte progressiva arriva poco prima della metà, quando ci si lascia andare alla creatività strumentale e poi Andrea Di Santo si ritaglia uno spazio solista con il sintetizzatore. Non finisce certo qua, perché poi è la volta dello stesso Perrotta, che assieme ad Andrea Sisani (ma quanti Andrea ci sono su quest’album?!) crea in conclusione un piacevolissimo intreccio chitarristico in quella che è diventata quasi un’ambientazione celestiale, terminata difatti con le note di tastiere quasi ecclesiastiche. Il suono del mare è un’ottima continuazione, con cui si apre “Preludio – Nel mare riflesso”, solo per pianoforte e arrangiamento sia d’archi (soprattutto) che di ottoni. Perrotta, in due minuti e quaranta, raggiunge un ottimo livello di ispirazione, tra i momenti migliori nella sua apparente semplicità, che potrebbe essere anche il commento sonoro per qualche cortometraggio (di quelli rigorosamente con luce tendente al grigio, su moli deserti). I suoni dei tasti pigiati di uno smartphone e quelli di una chat che sta ricevendo messaggi fanno da introduzione ad “Irresistibili Distanze” (titolo in stile Tiromancino), dove stavolta si critica il mondo mediatico, soprattutto quello dei social, dove regna uno stato di apparente ma squallida perfezione. Anche stavolta ci si rifà al pop/rock italico, oltre che ad alcuni accenni ai Beatles (la parte finale di “Hey Jude”…), più precisamente nel ritornello. Marco Fusco al basso, Diego Gangale alla chitarra e la solita Alessandra Paletta accompagnano il titolare in questa canzone che si fa ascoltare piacevolmente.
L’esordio di Perrotta tenta il compromesso tra una tipologia di canzone italiana (quella che vorrebbe strizzare l’occhio a degli accenni rockeggianti) ed il prog-rock, in parte riuscendoci. Un compromesso, per l’appunto, che non si sa quanto potrà reggere col passare del tempo; molto probabilmente occorrerà fare una scelta. Intanto, però, i pezzi scivolano abbastanza bene e riascoltandoli più volte ci si rende conto che non si tratta di banalità, impressione che invece potrebbe suscitare un ascolto frettoloso. Debutto pienamente sufficiente, andando anche oltre la sufficienza stessa in alcuni dei suoi momenti.



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Michele Merenda

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