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UNREAL CITY La crudeltà di aprile Mirror Records 2013 (AMS Records 2023) ITA

Era il 2013 quando un gruppo di giovani di belle speranze, poco più che ventenni e originari di Parma, con il nome di Unreal City partoriva un debutto discografico coi fiocchi. Pubblicato dalla Mirror Records e sotto la supervisione di Fabio Zuffanti nelle vesti di produttore, “La crudeltà di aprile” mostrava una band in realtà già matura e con le idee ben chiare. Da tempo fuori catalogo, accogliamo con piacere nel 2023 questa ristampa da parte della AMS Records nel suo classico formato papersleeve. Ed è un piacere immergersi di nuovo in quella proposta subito avvincente, caratterizzata da un rock sinfonico che prende un po’ spunto sia da un certo filone italiano (Banco, Quella Vecchia Locanda, Balletto di Bronzo), sia da qualche classico britannico, in primis Emerson, Lake & Palmer, Rick Wakeman e Atomic Rooster. E questo è dovuto soprattutto al talento cristallino del tastierista e cantante Emanuele Tarasconi e fu subito un piacere, all’epoca, scoprire le qualità di questo ragazzo autore delle sei composizioni su cui è incentrato il lavoro. Ma se quest’opera prima si rivelò così riuscita il merito va anche ai compagni di avventura di Emanuele, che si mostrano perfettamente funzionali al progetto e che si esibiscono in un’ottima prova, a partire dalla chitarrista Francesca Zanetta e proseguendo con la compatta sezione ritmica formata dal bassista Francesco Orefice e dal batterista Federico Bedostri. Da segnalare anche la presenza in due brani di Fabio Biale al violino come ospite. Fatte le presentazioni dei protagonisti, è il caso di ricapitolare un po’ più specificamente i contenuti musicali. Il sound è molto omogeneo, pulito, in cinque brani ad ampio respiro, più una suite di circa diciotto minuti, con il solito tourbillon di cambi di tempo e di atmosfera. Tarasconi si affida per lo più ad un’ampia gamma di tastiere vintage, quindi si assaporano continuamente i timbri di Hammond, Moog, mellotron, Fender Rhodes e clavinet, ma trovano spazio anche pianoforte, clavicembalo e organo liturgico che danno a tratti un tocco più sacrale. Le composizioni sono finemente costruite; non si sa mai cosa aspettarsi, tra passaggi altisonanti, trame articolate, accelerazioni, riff infuocati, break in cui Tarasconi si lancia in abili fughe pianistiche e classicheggianti. L’ascolto ci rende immediatamente consapevoli di essere al cospetto di una di quelle band capaci di indirizzare le influenze verso delle commistioni che denotano una forte personalità. Si viaggia, così, alternando passaggi imponenti, soluzioni fiabesche, sferzate hard prog e spesso emerge una vena più dark che sarà sfruttata ancora di più negli anni seguenti. Emblematica, per i toni più cupi, la traccia “Catabasi”, che inizia con un organo ecclesiastico a donare subito sensazioni drammatiche, ispessite dalle melodie vocali e dalle cadenze solenni della batteria; verso i tre minuti l’entrata del violino vivacizza molto le cose e indirizza il brano verso un prog maestoso e dalle tinte fosche e non manca una parentesi più leggera e malinconica in cui la chitarra acustica e il pianoforte si uniscono alla strumentazione elettrica. Qualche parola anche per la suite “Horror vacui”, che porta al termine il lavoro con un superbo affresco di prog sinfonico, con una partenza misteriosa, quasi à la Badalamenti (il celebre autore della colonna sonora di “Twin Peaks”) e le continue esplosioni sonore, tra slanci emersoniani, ispiratissimi solos continui e incrociati di chitarra e tastiere, scariche new-prog, tempi dispari e prolungate sezioni strumentali in cui i musicisti possono mettere in mostra la loro bravura, grazie ad un bagaglio tecnico messo al servizio della composizione e mai autoindulgente. Che altro aggiungere? Sicuramente meritano un cenno i testi, molto ricercati e che denotano una cultura non indifferente. Per quanto invece riguarda le parti cantate, bisogna ammettere che non sono magari il punto forte, ma Tarasconi offre comunque una buona prova ed ha un timbro particolare che si adatta alla perfezione alla musica. Dopo quest’esordio gli Unreal City pubblicheranno altri due lavori che testimonieranno un’ulteriore crescita e che li spingeranno tra le stelle più luminose del prog sinfonico tricolore. Ma tutto parte da “La crudeltà di aprile”, che dopo dieci anni ancora regala sorprese ed emozioni. Se vi era sfuggito, ora si può rimediare.



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Peppe Di Spirito

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