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Non è certo un musicista che ama stare con le mani in mano Fernando Perdomo. Statunitense, classe 1980, polistrumentista, cantante, compositore, autore di colonne sonore, arrangiatore, produttore, Perdomo sembra uno di quei “prezzemolini” impegnati in molteplici progetti. Lo ricordiamo, tra i tanti, come membro della Dave Kerzner Band, dei Life on Mars, dei Marshal Crenshaw, ma porta avanti anche una carriera solista prolifica. Davvero difficile star dietro ad ogni sua uscita, ma di sicuro questo “Self” del 2024 merita qualche approfondimento. Si tratta di un lavoro idealmente suddiviso in due parti, con le prime sei canzoni brevi e dirette ed una lunga suite di quasi venti minuti. Come spesso accade nei dischi a suo nome, Perdomo è unico protagonista, suonando tutti gli strumenti e dichiara apertamente che “”Self” non è solo un album. È una definizione di ciò che sono”. I brani dalla durata più contenuta sono orientati verso un pop rock di buona fattura, che viaggia tra echi beatlesiani (“Searching for myself”), cantautorato dalle influenze latine con accompagnamento di chitarra acustica (“Everything leads to now”), surf rock attualizzato (“Optimist prime”), una ballata malinconica (“Absolute silence”), qualche cenno a Todd Rundgren (“Who I really am”) e uno strumentale con arpeggi chitarristici non distante da certe proposte di Anthony Phillips (“All of us under the same Moon”). Bisogna dire che questo primo insieme di pezzi funziona bene, Perdomo è ben ispirato e sebbene segua un percorso multiforme, risulta pienamente convincente. E veniamo alla lunga title-track. La partenza è con uno stravagante e sognante andamento dai toni psichedelici. Proseguendo, sembra quasi che Perdomo voglia raccogliere insieme influenze varie, mettendo in un frullatore Yes, Todd Rundgren, sensazioni space-rock, impasti elettroacustici e tentazioni a stelle e strisce che mi hanno ricordato anche i primi lavori di Jonathan Wilson. Le sovraincisioni creano effetti bizzarri e non mancano i cambi di tempo, come avviene sempre in queste composizioni ad ampio respiro. Il risultato è strano, si ha quasi l’impressione che Perdomo voglia mescolare talmente le carte per dare un forte carattere di originalità all’operazione. Sebbene nel complesso gradevole, si avverte un po’ di confusione in un paio di frangenti. Nelle sue varie sfaccettature, “Self” è un album sincero e imperfetto, che mostra il volto di un artista versatile e talentuoso, la cui musica, nonostante qualche piccolo difetto, merita di essere ascoltata.
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