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URANUS Aamun hauta BASF 1975 (Svart Records 2022) FIN

Nella meritoria opera di ristampa di dischi degli anni ’70 di progressive rock finlandese portata avanti dalla Svart Records segnaliamo l’unico disco degli Uranus. Si tratta di un lavoro divenuto raro col tempo e molto particolare, perché, pur nella sua brevità (dura all’incirca trentaquattro minuti), affianca brani dal diverso orientamento stilistico. Ci sono sì alcuni gioiellini legati al prog, come il romanticismo strumentale di “Täältä ikuisuuteen”, in cui chitarra acustica e flauto offrono trame delicate sulle quali la band lavora con piano, organo Hammond, flicorno e trombone, o “Hellvys rajaton”, sorta di ballad delicata, con docili melodie vocali ed un’atmosfera erede dei Genesis più pastorali e di certo folk-prog scandinavo, o ancora “New production”, altro strumentale di vibrante e godibile jazz-rock con qualche singolare tocco latino. Ma, oltre questi pezzi, gli Uranus amavano molto spaziare tra i generi, presentando anche alcune cover legate alla passione dei musicisti verso il soul e il rhythm ‘n’ blues. Così si va dal funk dell’iniziale “Kun tulin stadiin”, reinvenzione di “Boogie on reggae woman” di Stevie Wonder, agli omaggi a due celebri successi di Otis Redding con “Aamun hauta” (“(Sittin’ on) the dock of the bay”) e “Malta en (Lopettaa)” (“I can’t stop (No, no, no)”), passando per una versione di “I can understand it” di Bobby Womack, denominata “Fantasinen nainen”. Ci sono poi un paio pezzi originali della band, “Svengikone” e la conclusiva “Pluto”, nei quali si avverte maggiormente l’influenza di band americane quali Blood, Sweat & Tears e Chicago. Disco sicuramente ben suonato, ma anche variegato e con poco potenziale commerciale, o almeno questo fu avvertito all’epoca dalla casa discografica BASF, che non supportò più di tanto gli Uranus, costretti a sciogliersi in tempi abbastanza brevi, anche se quasi tutti i musicisti hanno poi continuato la loro carriera come session men o anche con collaborazioni per la televisione e per il teatro. Una chicca comunque curiosa, che può stuzzicare l’interesse di chi non vuole perdersi nulla della fertile e importante scena prog finlandese.

 

Peppe Di Spirito

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