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THE WINDMILL Mindscapes Crime Records 2024 NOR

Al quarto album i Windmill non cambiano la formula adottata in passato, quindi in questa occasione presentano di nuovo un lavoro comprendente una lunga suite e altri pezzi di durata più contenuta. Anche stilisticamente la band non si discosta molto da quanto fatto fino ad ora, puntando su un classico rock sinfonico che deve molto ai grandi gruppi degli anni '70. In alcuni passaggi magari si denota qualche chitarra più ruvida, ma siamo più verso direzioni hard rock che metal. I quasi ventitré minuti di "Fear", posti in apertura del cd, sono sicuramente l'attrattiva principale di "Mindscapes". È una partenza prorompente, caratterizzata da ritmiche decise e tastiere e chitarra altisonanti, che già dopo un minuto e mezzo lasciano spazio a soluzioni più d'atmosfera. Il piano classicheggiante introduce il primo momento cantato e si prosegue per un po' su un elegante romanticismo, con melodie che viaggiano in orbita new-prog. Verso i sette minuti inizia una parte strumentale molto affascinante, con la chitarra aggressiva controbilanciata dal flauto tulliano e da tastiere sinfoniche, mentre basso e batteria si muovono su tempi composti. Il ritorno del cantato fa volare la mente ai Deep Purple degli anni '90, ma man mano che prosegue l'ascolto non mancano nuovi tuffi nei seventies, con un lungo finale strumentale che si muove tra sognanti echi di Genesis, raffinatezze à la Camel e nuovi riferimenti ai Jethro Tull, il tutto grazie agli intriganti interventi e interconnessioni di pianoforte, chitarra, flauto, tastiere e sax, sempre su ritmi variabili. Con "Fear" i Windmill toccano forse l'apice della loro produzione, trovando equilibri praticamente perfetti e sfoderando una prova decisamente valida. Gli altri tre brani presenti si assestano su discreti livelli, ma il grosso è stato detto con la suite. C'è una "Calton Hill" che è più rock e diretta, una "I still care" che fa emergere un interessante prog romantico e una "Nothing in return" che chiude al meglio il disco con un mix di prog e hard rock nel quale si "scontrano" con un bell'effetto flauto e chitarra elettrica ruggente. Ricordiamo che i Windmill provengono dalla Norvegia e si sono presentati all'appuntamento con questo nuovo disco con una line-up che vede il duo di compositori Jean Robert Viita (tastiere) e Erik Borgen (chitarre e voce) insieme a Arnfinn Isaksen (basso), Stig André Clason (chitarra solista), Morten L. Clason (flauto e sax) e Nils Harsem (batteria, indicato nei credits, sui quali è però specificato che lo strumento è stato suonato dall’ex membro Kristoffer Utby), l’ospite Emil Olsen alla chitarra acustica e Karl Groom che si è occupato del mix e della masterizzazione. È chiaro che la loro non è una proposta che ha nell'originalità il punto di forza, muovendosi su territori abbondantemente seguiti da numerosi artisti nell'ambito del prog sinfonico. Ma i Windmill confermano anche con "Mindscapes" la loro capacità di districarsi agevolmente su questi scenari sonori, abbinando tecnica, gusto, melodia ed una freschezza compositiva che rende di sicuro avvincente questo ascolto di circa quaranta minuti.

 

Peppe Di Spirito

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