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Jack Dupon. Come molti di voi sapranno, non è il nome di un musicista, ma quello di una band francese che da quasi venti anni regala delizie schizofreniche per il piacere degli ascoltatori che amano l’orientamento più avanguardistico del progressive rock. Nel 2024 arriva il nuovo album “Toucan” e, rispetto al passato, si nota subito un cambiamento importante, visto che il gruppo si presenta per l’occasione in trio. Non fa più parte della line-up il chitarrista Philippe Prebet (che in realtà ha cantato in un brano), mentre continuano a portare avanti l’attività Thomas Larsen (batteria e voce), Arnaud M’Doihoma (basso e voce) e Gregory Pozzoli (chitarra, voce). Con una chitarra in meno, il sound si fa ancora più duro, scarno ed essenziale e si notano dei nuovi orientamenti, ma le schegge di follia che caratterizzano da sempre la musica di questa entità continuano ad essere ben presenti. E non fatevi ingannare dalla coloratissima copertina, che potrebbe far pensare ad una spensieratezza che è ancora ben lontana dall’operato del nostro Jack, che va avanti sempre senza compromessi. Forse per quest’entità la musica è sempre una sfida, una possibilità di sorprendere e di sorprendersi. E oggi forse più che mai diventa davvero difficile descrivere i contenuti musicali di un disco dai contenuti complessi portati avanti da musicisti a cui il coraggio non è mai mancato. L’ascolto di questo nuovo lavoro parte con gli otto minuti della title-track, che è una presentazione perfetta di un gruppo che accentua le influenze dei King Crimson (soprattutto periodo 1973-1974 e anni ’80) e le propone con sonorità heavy, che possono riportare alla mente anche certi nomi importanti del rock alternativo degli anni ’90, vedi Primus, Faith No More e Morphine. L’enfatico cantato in madrelingua non fa che accentuare l’effetto straniante della musica firmata Jack Dupon. I brani successivi seguono grosso modo lo stile delineato dall’opener, cosa che rende l’album particolarmente omogeneo. A volte si mette particolarmente in mostra la componente crimsoniana (“Zombie”, la conclusiva “Pyjama”, dove emerge anche una forte teatralità tipicamente transalpina), tra ruggiti e dissonanze, altre volte c’è un mix assurdo di generi, come, ad esempio, nelle infinite variazioni di “Nouvelle tete”, in cui troviamo chitarre acidissime e una spinta verso uno zeuhl particolarmente aspro spese in certi passaggi ritmici, ma anche una sezione centrale apparentemente più riflessiva e psichedelica. Le composizioni sono tutte di ampia durata, visto che si passa dagli otto ai tredici minuti, tempi che permettono ai musicisti di fare davvero di tutto. In questa prima uscita discografica in forma di trio, l’assalto frontale proposto da Jack Dupon è asfissiante, si respira davvero poco mentre scorrono le note, d’altronde, stiamo parlando di un gruppo che non ha certo tra i suoi fan gli ascoltatori che amano il prog più romantico e melodico. I cambiamenti, come dicevamo, ci sono stati, ma l’attitudine verso una ricerca molto stravagante resta invariata; insomma, può variare la forma, ma il “DNA” resta quello mostrato già in passato.
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