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MELTING CLOCK |
Altrove |
Black Widow Records |
2024 |
ITA |
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Sono passati cinque anni dall’esordio della band ligure e sembra che siano stati impiegati piuttosto bene, visto il risultato finale ascoltato su questo secondo album. A parte lo stereotipo dei classici controtempi prog, non sembra affatto di ascoltare un lavoro manieristico; il rock progressivo italico sembra anzi ancor più radicato nella tradizione cantautoriale e i riferimenti sinfonici, più che ai Genesis, sembrano guardare proprio in Italia. “Altrove” suona molto più denso rispetto al passato, più completo, con un’ottima compenetrazione tra la musica e la voce di Emanuela Vedana, che sicuramente ha acquisito personalità e può quindi destreggiarsi tra tante sfumature. Le medesime sfumature in cui ci si immerge ascoltando l’iniziale “Vernice”, che canta di tinte esotiche nei vicoli storici e multietnici di Genova, caratterizzati da una storia di popoli venuti dal mare; percorsi baciati dal sole e allo stesso tempo celati tra le ombre, intese anche in maniera metaforica. Belli gli andamenti strumentali con le chitarre acustiche di Simone Caffè e Stefano Amadei (quest’ultimo, anche al bouzouki irlandese nel corso dell’album), oltre al basso sempre presente di Alessandro Bosca che si inserisce tra i controtempi del batterista Francesco Fiorito, chiudendo con le orchestrazioni ben bilanciate nel ritornello ad opera del tastierista Sandro Amadei, che contribuisce pure come seconda voce. La title-track è divisa in due episodi distinti: una prima parte molto delicata che continua con l’approccio acustico, in cui la voce conduce verso luoghi lontani, sospesi nel tempo, ben sottolineati dal pianoforte e soprattutto dal basso, mentre la base sorretta dalla chitarra acustica e le singole note della chitarra elettrica fanno quasi da controcanto; la seconda parte è invece strumentale, accompagnata dai vocalizzi di Emanuela, preludio poi ad una parte progressiva più canonica. I quasi otto minuti de “Il Mondo al Suo Risveglio” viaggiano verso sentieri più anglosassoni e con una sterzata sul versante elettrico, comunque sempre alternato a quello acustico. Le parti vocali acute sono spesso il preludio a dei riff pesanti, in un narrato onirico che parla ancora per metafore. Risulta indovinata la scelta di inserire un assolo di chitarra intorno al quinto minuto, per spezzare, funzionale alla descrizione della storia piuttosto che a uno sfoggio di virtuosismo vero e proprio. “Città Spenta (un momento per noi)” potrebbe ricordare nel suo inizio l’Equipe 84, ma poi, in un racconto che sembra parlare anche della desolazione cittadina nel periodo pandemico, il pianoforte e il basso accompagnano la voce verso le atmosfere che hanno reso famosa Elisa, ricordando anche i misconosciuti Porcelain Moon più intimisti. Da un punto di vista emotivo si tratta probabilmente del momento più intenso, che sul finale approda nuovamente verso andamenti prog. “Tramonti di Cenere” è a sua volta molto hard-prog ed evoca immagini che toccano il tema ambientale, pur mantenendo sempre un approccio letterario, che ben si adatta al crescendo strumentale e alle sfumature della voce nel finale. Si chiude poi con i nove minuti di “Endurance”, suite divisa in cinque movimenti che narra le vicende della nave omonima, utilizzata dall’esploratore Ernest Shackleton nella sua spedizione trans-antartica del 1915, incagliata proprio in Antartide ed affondata dopo quasi trecento giorni. La strada hardeggiante era già stata tracciata ed è su quella che si continua a procedere, simulando anche suoni di flauti ed orchestrazioni nella narrazione caotica del tumultuoso naufragio tra i ghiacci. Il quarto movimento è cantato assieme alla voce maschile e racconta il viaggio di Shackleton con una baleniera fino alla Georgia del Sud, da dove era partita la spedizione, per tornare con i rinforzi e salvare il resto dell’equipaggio. Il finale è lasciato all’intenso commento musicale che chiude la scena. I singoli componenti del gruppo hanno visibilmente partecipato alla composizione dell’album, apportando ispirazione e competenza. Un’uscita caratterizzata da immagini che in un modo o nell’altro ricreano dei viaggi, come è lecito aspettarsi dalla cultura genovese. I Melting Clock rappresentano la parte “bucolica” della Black Widow Records e per certi versi – anche in funzione di come viene impiegata la voce solista femminile – sembrerebbero la faccia più luminosa di una medaglia che come rovescio oscuro ha i partenopei Presence di Sophya Baccini. Genova-Napoli, due città più volte associate per il loro patrimonio musicale, entrambe – guarda la casualità – dei porti di mare strategici, sia commercialmente che culturalmente, da cui è passata davvero tanta gente. Ed entrambe le realtà musicali, ad oggi, le ha dentro proprio la Black Widow Records.
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Michele Merenda
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