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THE TRANCE DIMENSIONALS (feat. Nik Turner) Space angels Black Widow Records 2025 UK

Nell’anno 2022 il “mistico” polistrumentista inglese Steve Hillman e Nik Turner, storico sassofonista/flautista degli Hawkwind, lanciavano in orbita l’esordio dei The Trance Dimensionals, oscura creatura space-rock. Un sodalizio che era cominciato nel 2016 e che stava approdando alla preparazione di un nuovo album, quando capita l’imprevisto: la morte di Nik. Il grosso numero di brani registrati porta comunque alla pubblicazione di questo secondo lavoro, l’ultimo in assoluto di Turner. Di fatto, dagli Hawkwind si sono diramate davvero tante realtà, tutte fluttuanti nell’orbita “cosmica”; la band di Hillman, oltre al compianto sassofonista che ormai non c’è più, vede in formazione altri “militanti” nella famosa compagine britannica, come la cantante Angel Flame ed il bassista Dave Anderson (presenti, rispettivamente, anche con Arthur Brown e Amon Düül).
Lo space-rock non è stato e non è solamente sintetizzatori, sequencer e assoli evocativi; è anche ritmo che può suonare ossessivo, mantrico, rievocando rituali “primitivi” che vengono perpetuati durante le notti della società moderna. È rievocazione di contatti con stelle, altri pianeti e forse anche altre entità, avuti da quando l’essere umano ha preso una minima coscienza di sé, magari – al giorno d’oggi – ricreando anche l’atmosfera di una nuova Età della Pietra, sorta da un ipotetico scenario post-atomico. Tutto questo rientra nella proposta del chitarrista/tastierista Steve Hillman, che col suo fidato batterista Dai Rees risveglia una musicalità arcaica e si mette in ascolto di quanto possa tornare come risposta dalle galassie ai loro input. Così, il vento spaziale solca in apertura il rock’n’roll di “Space Groovin’”, monolitico e continuo, cantato dallo stesso Turner come se fosse uno stanco Iggy Pop (vi è anche un rimando molto nascosto alle radici musicali, a John Lee Hooker), dando poi anche un tocco di sax. La voce di Nick è ancora più greve sulla seguente “N.D.E.”, la cui voce si mischia con quella femminile e sognante di Angel Flame, cantando delle sensazioni fluttuanti e delle visioni colorate vissute durante il viaggio astrale dell’anima. Seppure non particolari da un punto di vista tecnico, gli inserimenti di chitarra si dimostrano ben piazzati, assieme agli altri suoni sintetizzati che vanno facendo capolino.
Contrariamente a quanto si possa pensare, i brevi brani di intermezzo si dimostrano interessanti, come “The Journey Beyond”, una recitazione sulle note di sassofono. Ma anche la tribale e misteriosa “Amunet”, seguita dall’immaginifica “Field of Reeds”. Fasi di passaggio, di transizione verso i sette minuti e mezzo che compongono “D-Rider”: prima una specie di ballata cosmica e poi quieta fuga tra flauti e synth verso altri lidi nel cosmo. Mike Bew suona il basso e canta su “Moon Dancer”, quasi quattro minuti e mezzo di invasamento dionisiaco, in cui le rullate di batteria la fanno da protagonista nella parte strumentale, mentre la chitarra elettrica si fa strada e descrive con le note la danza frenetica (sotto sostanze psicotrope?) alla luce dell’astro d’argento, capace di condizionare la vita e le maree. “Transdimensional Beings” è ancora un brano di transizione, “cosmico” nel vero senso della parola, in cui Angel parla dei viaggiatori del multiverso, seguito da “Higher and Higher”. Quest’ultima traccia, con l’ospite Mr. Dibs (Spacehead, Krel) al microfono, riprende la bit music, la shakera con la musica cosmica ed un po’ di garage, per ottenere qualcosa che sembri una versione Kraut meno spigolosa e meno depressiva dei nostrani Prozac+. Un episodio divertente.
Si chiude con “Slinky”, strumentale in cui domina il sax di Nik, capace di riportare alla mente le vecchie pellicole di spionaggio, in cui i protagonisti mostravano sempre un impeccabile aspetto signorile. Degna conclusione per l’uscita di scena definitiva di Nik Turner, in un album che verrà fatto passare per autentico cult. Non è esattamente così, se non per i fatti sopra riportati e per alcuni fans sfegatati; il lavoro è gradevole ma non certo un capolavoro imperdibile. Occorre però dargli più di un ascolto, ad alto volume, riuscendo così ad apprezzarlo e a tratti persino ad entusiasmarsi. Molto bella la copertina e la grafica curata da Nick Beery, con un libretto interno alla confezione digipack davvero ben fatto.

 

Michele Merenda

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