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SUPERSISTER The Elton Dean sessions SOSS 2024 NL

Forse non tutti sanno che nel 1974, dopo la defezione di Charlie Mariano, per il ruolo di sassofonista dei Supersister fu assoldato Elton Dean, reduce dai meravigliosi fasti dei Soft Machine. Quando si parla di questo straordinario gruppo olandese, nonostante una spiccata personalità, si fa spesso riferimento alla scuola di Canterbury per dare un’idea della musica proposta ed ecco che la presenza, anche se per un breve periodo, di una delle stelle di quella scena crea un ulteriore punto di contatto. Purtroppo, però, questa collaborazione non ha mai fruttato una incisione in studio. Fortunatamente sono emerse delle registrazioni dal vivo in cui la formazione dei Supersister, prossima allo sbando, si lanciava in spericolate e piacevolissime improvvisazioni. Così, grazie a quest’album, semplicemente intitolato “The Elton Dean sessions” è possibile ascoltare una serie di momenti strumentali brillanti tratti dalle esibizioni della line-up con Dean. Non ci sono indicazioni riguardanti date e luoghi dei concerti da cui è stato recuperato il contenuto di questo lavoro, ma quello che conta, alla fine, è il contenuto musicale, che è di altissimo livello. L’apertura è affidata a “Fenderfarfissima”, che, come il titolo lascia intuire, è un pezzo di piano elettrico targato Robert Jan Stips e rappresenta una sorta di introduzione di tre minuti alla prima di sei improvvisazioni, tutte intitolate “Super Machine” o “Soft Sister”, tranne la conclusiva, denominata “Close to the tape’s end”. In queste possiamo ascoltare l’intero gruppo all’opera, ma il sax va spesso in primissimo piano e tinge fortemente di jazz-rock progressivo la musica sfrenata del quartetto, con qualche momento più rilassato di tanto in tanto. Talvolta è possibile riconoscere qualche breve passaggio con cui viene esposto un tema noto della band, ma per lo più si tratta, in pratica, di materiale completamente inedito. Una goduria poter ascoltare i duetti tra Dean e il tastierista Stips, supportati da una sfavillante sezione ritmica. D’altronde è risaputo che la caratura tecnica di questa band è sempre stata considerata eccelsa e queste registrazioni ne danno ulteriore dimostrazione. Oltre le improvvisazioni citate, troviamo due brevi tracce di sola batteria, un accenno del loro cavallo di battaglia “Judy goes on holiday” ed una versione di “Babylon” (da “Iskander”) che si prolunga fino ad oltre tredici minuti e mezzo. Peccato davvero che questa line-up non sia entrata in studio di registrazione, perché questo disco fa capire perfettamente di cosa poteva essere capace. “The Elton Dean sessions” è una splendida testimonianza di questa unione di forze che fino ad ora non era mai stata documentata.

 

Peppe Di Spirito

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