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| T.A.L.L. |
T.A.L.L. |
Roth Handle |
2025 |
SVE |
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Davvero non si contano più i progetti che vedono coinvolto Mattias Olsson; è diventato impossibile stare dietro a tutto ciò in cui è presente la sua mano. Vi segnaliamo comunque volentieri questo nuovo disco che vede l’esordio dei T.A.L.L., formazione con la quale il batterista svedese unisce le forze con musicisti degli Øresund Space Collective e più precisamente con Mogens Deenfort ai sintetizzatori, Jiri Jon Hjorth al basso e Jonathan Segel alle chitarre. Il debutto della band è stato registrato in cinque giorni nel febbraio del 2023, ma solo dopo due anni è arrivata la pubblicazione da parte della Roth Handle. Contiene cinque composizioni, tutte di ampia durata; due superano i sei e i sette minuti, le altre tre vanno ben oltre i quindici. Il pezzo con il minutaggio più elevato è quello di apertura, “Fattening”, perfetto biglietto da visita per i T.A.L.L., che si cimentano subito in uno space-rock fluttuante e dalle melodie stravaganti, al punto che si intravede un sapore esotico da world music. L’andamento controllato, i ritmi ipnotici, i riff ossessivi, le atmosfere indolenti e un po’ a tinte fosche che caratterizzano questa apertura le ritroveremo in continuazione durante l’ascolto, cosa che rende l’album molto omogeneo. Poi magari ci possono essere momenti più psichedelici, riferimenti ai Pink Floyd e agli Ozric Tentacles, deviazioni verso i corrieri cosmici, qualche passaggio in cui la chitarra si fa più tagliente, ma nel complesso si denota una compattezza che non viene mai meno. Il disco dura poco più di un’ora, ma scorre bene ed è molto coinvolgente, anche se è praticamente strumentale. L’unica eccezione è rappresentata dal brano “Irwin”, che vede la partecipazione della cantante e clarinettista Francisca Marchan, ma nella sua prova si esprime con vocalizzi suadenti, al punto che si può parlare di uno di quei casi in cui la voce diventa strumento aggiunto. Per di più, questo pezzo, con i suoi elementi cinematici e con il timbro del mellotron, può portare alla mente quanto fatto dai Morte Macabre in “Symphonic Holocaust” nel 1998. Altro ospite è Oskar Forsberg che presta il suo sassofono a “Orwell”, traccia in cui lo space-rock di base si incontra con il jazz-rock e con sibili crimsoniani. Non originalissimo, ma carico di un groove vibrante e che coinvolge, questo esordio è sicuramente valido col suo space-rock pronto ad allargarsi in più direzioni.
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Peppe Di Spirito
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