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35 TAPES Home Apollon Records 2021 NOR

Sapete quanti nastri, e di conseguenza quanti tasti, ci sono in un Mellotron M400? Questo modello, più compatto e più diffuso rispetto al suo predecessore, l’M300, ne aveva 35. Ed eccovi svelato il segreto del monicker che designa questo gruppo di Oslo. Inutile dire che di Mellotron qui dentro ne troverete a profusione anche se vengono preferite, come da buona tradizione nordica, le tonalità più spente e tenebrose. A domare il Mellotron e tutto l’armamentario tastieristico (ma anche in parte le chitarre e il sitar) è il multistrumentista e cantante Morten Lund, conosciuto anche per aver militato in quello strano crocevia fra elementi elettrici ed elettronici che sono i connazionali Green Isac, per chi li conosce. Il trio, perché di questo si tratta, è poi completato dal bassista Jarle Wangen e dal batterista Bjørn Stokkeland.
Questo album conferma in parte le buone vibrazioni emanate dall’esordio, “Lost & Found” (2019), bissandone quasi anche la grafica della copertina su cui campeggia una specie di grosso bersaglio di luci al neon. I suoni, asciutti e sofisticati, hanno un piacevole retrogusto sinfonico con riferimenti evidenti ai Genesis più ombrosi ma anche ai Camel e ai Pink Floyd. Il cantato, che viene diviso fra Morten e Jarle sia per quel che riguarda le parti soliste che i controcanti, è monotono e non proprio spigliato e rappresenta forse l’anello debole di un’opera complessivamente ben disegnata. In particolare sono molto affascinanti certe atmosfere tastieristiche, ariose e soffici in un brano cantabile come “Wave”, con le sue tentazioni quasi New Prog, oppure più oscure e notturne come in “Well”, dove rilucono anche le note della chitarra acustica, gentilmente arpeggiata, o incredibilmente dilatate e sognanti come in “Walk”.
Noterete come spesso vengano preferite soluzioni semplici, soprattutto per quel che riguarda i disegni melodici, e vi stupirete di come questi brani scorrano in modo incredibilmente lineare. Preziosi sono senza dubbio i tanti momenti strumentali che rendono lo sviluppo delle tracce non proprio scontato mentre monocordi rimangono, come già accennato, le parti vocali che arrancano alla ricerca di una certa cantabilità che possa aumentare la presa di questi brani.
Sicuramente questo trio si è sforzato tanto nella ricerca di un proprio stile personale che tenga conto anche degli illustri modelli del passato, ai quali aggiungerei però anche i più recenti Airbag. Nonostante però i bei momenti, che non mancano, l’ascolto arriva in fondo senza troppo entusiasmo crollando sotto il peso di canzoni belle, ma non troppo, piacevoli, ma non troppo, con una sensazione finale che può essere di freddezza o addirittura di indifferenza. Un Mellotron non fa Primavera, ma neanche due o tre Mellotron se è per questo. Quindi al prossimo giro mi aspetto un po’ di più, a partire dallo stile della copertina magari, che non mi fa impazzire, o magari allargando il core dei musicisti per proseguire su altri voli, altre altezze altre aspirazioni che vadano oltre gli amati registri dello strumento vintage che più amiamo.



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Jessica Attene

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