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APOLLO Apollo Blue Master 1970 (2002 Warner Music Finland) FIN

Gli Apollo si formarono nel 1969 dalle ceneri di un apprezzatissimo gruppo locale, i Topmost, dalle cui fila provenivano Harri Saksala (voce, fisarmonica, armonica), Eero Lupari (chitarra) ed Heimo Holopainen (basso). La band, completata dal batterista Edward Vesala (che poi diventerà un musicista molto apprezzato nella locale scena jazz), stampò il suo unico ed eponimo album nel Maggio dell'anno successivo, unendo ad un vigoroso hard blues qualche rara intuizione sperimentale e frammenti sinfonici. Ne deriva un album particolare, variegato, interessante, non privo di aspetti stravaganti e grotteschi, dati soprattutto dall'interpretazione vocale di Harri Saksala che sfodera un vocione cavernoso e volutamente ai limiti del ridicolo, il cui effetto è amplificato, alle nostre orecchie, dall'uso della strampalata lingua finlandese. Paradossalmente proprio questo cantato diviene una sorta di marchio di fabbrica della band, un elemento peculiare che dona un'aria del tutto particolare a composizioni spesso per il resto abbastanza ordinarie, come la melodica "Hyvä Ihminen", con le sue delicate orchestrazioni alla Procol Harum ed un flauto soave, o la più vigorosa traccia di apertura, "Symboli", dai riff pesanti di chitarra e dai grezzi tratti hard blues. La voce stentata e calcata di Harri dà qui il meglio di sé, catalizzando tutta l'attenzione dell'ascoltatore e sovrastando le linee melodiche del pezzo. L'album appare comunque piuttosto eterogeneo: in "Lohduton Uni" la voce di Harri assume una timbrica più dimessa e delicata, i suoni si fanno impalpabili e le atmosfere vagamente psichedeliche, con un morbido e distante Hammond sullo sfondo e qualche linea gentile di flauto; stesso discorso per la soffusa "Laulu Ystävälle Varjojen Maassa", malinconica e struggente. In altre occasioni ancora il gruppo si lancia in interpretazioni più sperimentali, come nello strumentale "Trimalcion", dominato da suoni tribali da foresta amazzonica di flauto e percussioni, con un'esplosione festosa di ritmi latini nella parte centrale; altre volte ancora le sonorità si fanno più lente e pesanti, come in "Ajatuksia", dalle atmosfere tenebrose che sfoggia anche un assolo di chitarra Zeppeliniano. Sia per l'anno di uscita che per le sue idee non convenzionali, questo album è da considerarsi importante per il progressive finlandese e la sua esplorazione è consigliata, oltre che per motivi documentali, anche per il puro piacere di ascolto, dal momento che si tratta di una produzione decisamente gradevole.

 

Jessica Attene

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