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ART CINEMA Art cinema Marvel of Beauty Records 2008 DAN

Art Cinema è il nome del nuovo progetto firmato da Robin Taylor, attivissimo musicista della scena danese che stiamo seguendo da qualche anno. A differenza della maggior parte della sua produzione, stavolta il polistrumentista ha puntato su qualcosa di più “ragionato” e lo si evince anche dal fatto che il cd è stato registrato non in breve tempo e in presa diretta, come di solito accade, ma nel giro di ben nove mesi. I tempi di gestazione sono stati, quindi, insolitamente lunghi rispetto ai ritmi frenetici della produzione di Taylor, che è coadiuvato per l’occasione da diversi musicisti (le cantanti Jytte Lindberg e Louise Nipper, i chitarristi Michael Denner e Jon Hemmersam, il sassofonista Carsten Sindvald, il bassista Flemming Muus Tanberg, il batterista Bjarne T. Holm e il violinista Pierre Tassone). Anche i contenuti dell’album differiscono abbastanza da quanto ci ha abituato Taylor. In apertura, con “White frozen”, troviamo un’atmosfera un po’ arcana e il canto di Jytte Lindberg contribuisce a mantenere queste impressioni misteriose, poi l’entrata del sax, della chitarra elettrica di Taylor e della sezione ritmica spinge verso un sound più marcatamente prog, energico e sinfonico allo stesso tempo, ma sempre caratterizzato da toni un po’ gotici. Questo intrigante biglietto da visita rappresenta uno dei più interessanti brani dell’album, che contiene una serie di tracce sempre di buona qualità, nelle quali si nota l’eclettismo dei musicisti che vi hanno partecipato. In genere vengono fuori un sound moderno ed un progressive elegiaco che evidenzia sia elementi sinfonici che caratteri di robustezza e romanticismo. I fiati a volte contribuiscono ad intensificare questo stile, indirizzando talvolta in sentieri vandergraafiani; in altri frangenti, invece, danno una maggiore spinta jazzistica. Non mancano situazioni di grande raffinatezza, come “Climb my ladder”, in cui la Lindberg si esalta con melodie vocali delicate, accompagnate da suoni soavi di piano, chitarra e “violectra”, né qualche situazione un po’ più sperimentale. Disco pienamente convincente, che può ricordare certi episodi di The Third and the Mortal o di Kari Rueslatten (tanto è vero che sembra costruito attorno alla magica voce della Lindberg), diminuendone le caratteristiche di dark e pop ed aumentandone la vena prog; questo nuovo tassello della carriera di Robin Taylor, quindi, va accolto nel migliore dei modi e merita un posto di rilievo nella discografia del prolifico musicista.

 

Peppe Di Spirito

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